ABBIATEGRASSO – Un evento “senza tempo” si è svolto presso la sala consiliare del Castello Visconteo nella serata del 29 settembre con il secondo incontro del 1° ciclo di conferenze sulla storia della nostra città, promosso grazie al patrocinio del Comune e con la supervisione del Duca di Abbiategrasso Giulio Araya. “Storia di Abbiategrasso nel periodo spagnolo” era il tema trattato dal relatore Alfio Rossi. Il borgo abbiatense nel periodo in cui l’Italia era sottomessa al dominio spagnolo, quindi tra 1500 e 1700, fu soggetto a numerosi cambiamenti, poiché per estensione era il secondo comune territorialmente più vasto dopo Milano e quindi direttamente collegato alle vicissitudini del capoluogo lombardo. In quel periodo le potenze europee, tra cui Spagna, Francia e Svizzera, si scontravano tra loro per il dominio del Ducato di Milano; in un tempo caratterizzato da guerriglie il borgo di Abbiategrasso risultava, dunque, essere lontano dai pericoli più imminenti e quindi luogo perfetto dove i duchi potevano rifugiarsi durante le epidemie e le guerre. Inizialmente il Castello fu costruito in una zona disabitata come sistema difensivo contro gli “ungari”, lontano quindi da case e chiese, ma ben presto si formò intorno ad esso un vero e proprio borgo. Il territorio di Abbiategrasso a quell’epoca era diviso secondo una precisa gerarchizzazione: la Signoria, gli Ecclesiastici, i Borghesi e la Comunità dei Cittadini, ed è proprio grazie a questi ultimi che oggi troviamo un paese unico e indipendente. I cittadini abbiatensi iniziarono a chiedere dei privilegi ai signori, tra cui progressivamente quello giudiziario e penale, e infine la possibilità di allestire mercati e fiere. La loro indipendenza era sempre più una certezza fino al 1647, quando il Ducato di Milano decise di vendere tutti i castelli infeudati, ma gli abbiatensi, contrari alla possibilità di un nuovo assoggettamento, decisero di versare tramite tributi il saldo necessario per acquistare il Castello, diventato poi di gestione statale. Alcuni dati interessanti: la presenza di 3219 cittadini nel 1581 che, con la fine del periodo spagnolo nel 1703, raggiunsero il numero di 6000 anime, una crescita demografica impressionante tenendo conto delle guerre e delle epidemie di peste che in quegli anni erano frequenti, a testimonianza del benessere diffuso nel borgo sia a livello salutare che lavorativo. I secoli presi in considerazione ci hanno lasciato un vastissimo patrimonio monumentale tra chiese, palazzi e piazze: la chiesa di S. Maria Nuova (pronao edificato nel 1497), San Bernardino, San Pietro, il convento dell’Annunciata e Santa Chiara (dove oggi si trova l’istituto Golgi), alcuni palazzi privati (Palazzo Annoni, Palazzo Cattaneo) e infine le Cascine. Alfio Rossi ha concluso con una frase che fa riflettere sull’importanza del presente per le generazioni future: “Tutto ciò che abbiamo ereditato non proviene dagli spagnoli, ma dalla buona volontà dei cittadini abbiatensi, il nostro benessere è quindi nelle nostre stesse mani”. Il prossimo appuntamento è previsto per il 7 ottobre sul tema “I palazzi della Ripa del Naviglio e Castelletto: luci ed ombre di un borgo ritrovato” a cura di Luciano Provinciali. Ilaria Scarcella.
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