ABBIATEGRASSO – Le conclusioni dell’AIRC hanno scosso l’opinione pubblica anche se da tempo la cosiddetta ‘piramide alimentare’ indica quali sono gli alimenti di cui abbiamo bisogno e quali è meglio consumare il meno possibile: la carne è prevista al massimo due volte a settimana. Quindi le criticità della carne, soprattutto di quella rossa, si conoscono così come le linee di una corretta alimentazione che esalta la dieta mediterranea, frutta, verdura, cereali, pesci e legumi preferibili alla carne. Le recenti conclusioni dello studio dell’AIRC però hanno creato grande allarmismo che ha costretto vari esperti tra studiosi del settore a intervenire per fare chiarezza e, innanzitutto, sottolineare che la novità, se così si può chiamare, è che sono le carni trasformate ad essere messe all’indice, fanno particolarmente male gli insaccati quindi, i prodotti stagionati, speziati, con additivi, ecc. Lo studio ha riguardato prodotti internazionali con regole e materie prime diverse, in Italia più di una voce autorevole si è alzata a sostenere che abbiamo un sistema di controlli efficiente e rassicurante sulla trasformazione del cibo e sulla tracciabilità del percorso del prodotto. La dieta mediterranea è il modello alimentare italiano, una tradizione che stiamo valorizzando ed esportando con i nostri prodotti, di cui garantiamo e certifichiamo la qualità. Certo bisogna far tesoro delle indicazioni dei ricercatori che invitano a consumare poca carne variandone la tipologia, evitare di cuocerle troppo e in particolare evitare la carbonizzazione quando si fanno le grigliate, consigli che anche il buon senso suggerisce. Ad Abbiategrasso l’associazione “Chicchi di Salute” invita a conoscere meglio per saper scegliere e scrive: “lo IARC di Lione e l’ OMS Organismo Mondiale della Sanità hanno pubblicato una monografia sulla relazione tra carni rosse e Cancro. Non è la prima volta che se parla, ma questa volta lo IARC ha catalogato la carne lavorata nel Gruppo 1, una lista di 118 sostanze cancerogene, come sigarette, alcol o amianto. Come sempre è bene informarsi e rendersi conto delle proprie abitudini, per poi decidere in modo consapevole come continuare. Per carni processate si intendono le carni sottoposte a un processo di salatura, essiccazione, fermentazione, affumicatura, o qualsiasi altra procedura che ne esalti il sapore o ne migliori la conservazione. A titolo esemplificativo: bacon, carne secca, wurstel, prosciutto, salsicce, manzo sotto sale. Il rapporto causa-effetto è tra carni lavorate e tumore al colon-retto. Per quanto riguarda le carni rosse, invece, (manzo, vitello, cavallo, maiale, agnello, capra e montone) il rischio è più contenuto. L’autorità ha inserito il suo consumo fra le 75 sostanze probabilmente cancerogene per l’uomo (Gruppo 2A). Anche se le prove di un rapporto causa-effetto fra carne rossa e cancro sono limitate, sono forti le indicazioni di un suo effetto carcinogeno nell’uomo. In questo caso l’associazione più diretta è con il tumore al colon-retto, ma si è considerato anche il tumore al pancreas e quello alla prostata. L’attenzione va posta naturalmente sulle quantità. Secondo l’agenzia 50 grammi di carne processata al giorno fanno aumentare del 18% il rischio di tumore al colon retto. Gli studi sono molto coerenti nell’affermare che con la dieta Mediterranea, quella di una volta e non quella spesso usata adesso, protegge dal tumore. La dieta – sostiene il prof. Berrino, oncologo – deve cioè essere a base di cereali integrali, verdure, legumi, frutta, noci, nocciole, mandorle, pesce e qualche volta un alimento animale. In sintesi il cibo di provenienza vegetale non industrialmente raffinato. Questa è la ricetta anti-tumore”. E.G.
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