ABBIATEGRASSO – Una città raccontata nel pieno della sua emergenza, un’Abbiategrasso ferma, immobile, invivibile documentata e poi la ripresa con il movimento. Una mostra che ha il gusto di archivio storico quella inscenata durante la Festa di Abbiategrasso grazie al gruppo fotografico e letterario Num de Bià. “La città che sale”, che deve il suo titolo all’opera di Boccioniano lascito, in mostra presso i Sotterranei del Castello Visconteo, è stata capace di raccontare la storia di Abbiategrasso durante il lockdown: spenta, insolita, irriconoscibile tra le vie vuote e una socialità limitata alle lunghe file di attesa davanti ai supermercati. Una città che però ha la caparbietà di riprendersi con il mercato, le Messe e il ritorno alla vita nel mese di maggio. Una Abbiategrasso personificata, che si racconta in un percorso fatto di fotografie, di letture, di testi (profondi e bellissimi) di Luis Balocchi e Giovanna Giunta con l’idea originale di dare vita e pensiero alla città, e poi c’è la testimonianza dell’obiettivo, quello di Andrea Baj e Angelo Parini che ci mettono tecnica (ICM – Intentional Camera Movement) e poesia, con le figure umane (pochissime) che si disperdono in un urlo di Munch infinito che riecheggia nella città vuota. “La mostra è andata benissimo! Abbiamo sfiorato le due mila presenze, tanto che la coda per entrare arrivava fino a piazza Castello. Siamo contenti anche delle reazioni di chi l’ha vista: c’è chi si è commosso e chi ci ha lusingato sancendo ‘La città che sale’ come archivio storico ‘necessario’ per testimoniare la città durante la crisi sanitaria. Abbiamo ripreso lo stile del celebre dipinto di Boccioni con le foto sature di colore come espressione di una città vivace, come un dipinto futurista” ci racconta Giovanna Giunta. La mostra si sarebbe dovuta concludere domenica 25 ottobre, ma si aspettano le interpretazioni del Comune sul nuovo DPCM. I.S.
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