ABBIATEGRASSO – L’incontro organizzato dall’associazione locale Heiros, a cui hanno partecipato rappresentanti di altre associazioni, genitori, educatori che si occupano delle persone che vivono la condizione dello spettro autistico, è stato un’occasione importante per riflettere e avvicinarci a chi ci appare diverso. “Diverso non vuol dire difettoso” è stato il primo messaggio arrivato e molti spunti sono stati offerti dal contenuto del libro “Io vivo altrove” , scritto da Beppe Stoppa che, come la maggior parte di chi legge, non aveva mai avuto a che fare con l’autismo, ma scelto dall’editore proprio per questo, per un approccio da persona non coinvolta che potesse presentare efficacemente, come in effetti è riuscito a fare, le problematiche incontrate nel mondo dell’autismo. Un mondo in cui le persone hanno comportamenti e linguaggi diversi, difficili ma non impossibili da capire. Efficace la testimonianza di Alessandro Arbuzzi, musicoterapeuta ed educatore che, affascinato da questo diverso mondo che ha deciso di scoprire, si occupa di adulti definiti con sindrome di Asperger, che hanno comportamenti diversi perché la loro mente funziona in modo diverso, spesso sono geniali ma incompresi. Cristina Finazzi, madre di Leonardo di 10 anni e rappresentante di un’associazione di Varese, ha spiegato perché sta promuovendo il Comitato “Uniti per l’autismo”, per far valere, ha detto, “con una sola voce i diritti dei nostri figli a livello regionale. Stiamo tentando di riunire tutte le associazioni lombarde per veder applicata una legge del 2016 di Regione Lombardia, rimasta nel cassetto. Ci sono troppe leggi inapplicate. Da qui il percorso di coinvolgimento di 54 associazioni lombarde in questa battaglia. Il numero di associazioni in crescita è la dimostrazione del tentativo di dare quelle risposte ai bisogni che l’ente pubblico non dà. I genitori cercano di organizzarsi come possono per fornire terapie riabilitative, per altro pagate solo dalle famiglie, e fare rete per affrontare ad esempio le pratiche burocratiche, perché di fatto sono lasciati soli. Abbiamo bisogno di ricreare un welfare di comunità per tutti, la società civile deve diventare protagonista”. Attraverso quanto hanno raccontato nel  libro, questi genitori hanno cercato di comunicare la loro realtà quotidiana, che ogni persona autistica è diversa da altre, unica come ciascun altro individuo e merita di essere compresa senza pregiudizi. Se un bimbo autistico non parla, siamo sicuri che non capisca? Se non mi guarda negli occhi, siamo certi che non mi guarda? E’ anche un invito a superare il concetto di inclusione, che presuppone comunque l’accettazione di una parte dominante e non una parità. Tanti davvero gli spunti di riflessione emersi da storie intense, pregne di sofferenza ma anche di un’umanità bella, al limite, che in mancanza di comunicazione rischia di essere invisibile. Ancora una volta l’ascolto e l’empatia risultano essenziali, servono delicatezza e un approccio culturale diverso, che va diffuso il più possibile per un approccio che assicuri anche alle persone autistiche dignità e attenzione. Ascoltarle ci può far scoprire altri punti di vista, il loro bisogno di sintesi, comprendere il loro disagio è un’occasione per imparare e conoscere una diversità che non è ‘difettosa’ ma che è parte di questo nostro mondo complessivamente diverso. E.G.