ABBIATENSE – Continua ormai da lunedì 11 gennaio (data prevista dall’ordinanza ministeriale per il rientro in presenza delle scuole superiori) e andrà avanti ad oltranza la protesta di un gruppo di docenti dell’IIS Marcora di Inveruno, che proseguono la loro normale attività didattica ma fuori dai cancelli della scuola e con i propri mezzi. Tra loro è presente anche un’insegnante di Abbiategrasso, Simona Rosa, che ci spiega: “Manifestiamo pacificamente il nostro dissenso verso un Governo sempre più miope nei confronti della scuola e delle esigenze degli alunni, abbandonati a doversi districare in un labirinto di ordinanze ministeriale e regionali spesso contrastanti tra loro”, dichiara la professoressa che insegna da 6 anni all’IIS Marcora e che ha assistito agli sforzi economici e logistici sostenuti dall’istituto nel periodo estivo per poter ripartire in sicurezza a settembre. “Conosciamo e siamo ben consapevoli della situazione sanitaria che grava sul nostro Paese e non la sottovalutiamo. Non auspichiamo un rientro a tutti i costi, ma vorremmo quantomeno avere la percezione che la scuola sia una priorità e che qualcuno si stia adoperando per un rientro definitivo e in sicurezza” aggiunge il collega Flavio Della Foglia, professore di matematica. Alle loro spalle campeggia uno striscione semplice e chiaro, sul quale i docenti hanno voluto sottolineare nero su bianco l’amore per la scuola e per i loro alunni, “riapriAMO”, e la progressiva perdita di conoscenza a cui questi stanno approdando, “sQuola”. “Il disagio psicologico che i giovani stanno vivendo ormai da quasi un anno è evidente anche dagli ultimi fatti di cronaca (maxi rissa di Gallarate e di Roma, occupazioni di edifici scolastici e proteste contro la DAD), spesso ai più giovani infatti mancano gli strumenti critici necessari per poter decriptare la realtà che gli sta intorno e per riuscire a leggere le tante restrizioni che spesso risultano incomprensibili anche ai più maturi. – continua la professoressa Rosa – Come può un ragazzo comprendere perché, ad esempio, nelle zone rosse i parrucchieri siano considerati al pari dei beni di prima necessità ma la scuola no?” Episodi simili sono sempre avvenuti, ma mai di queste dimensioni, su scala nazionale. Non diamo certo la colpa unicamente alla DAD ma è innegabile che questa ormai abbia del tutto sostituito la didattica in presenza e che questo stia ledendo i nostri ragazzi non solo dal punto di vista culturale, ma anche e soprattutto da quello sociale e umano!” E infine aggiungono Andrea Iomini, insegnante di comunicazione, e Alessandra Sesia di scienze motorie: “Oggi il lavoro dell’insegnante non deve e non può focalizzarsi unicamente sulla trasmissione di contenuti nozionistici, peraltro facilmente reperibili anche autonomamente online, bensì deve tenere conto di altri aspetti collaterali fatti di teatralità, empatia e passione che attraverso uno schermo risultano del tutto assenti e impossibili da trasferire, con il risultato che gli alunni tendono ad essere sempre più spenti, passivi e incentivati all’abbandono scolastico”. S.O.