ABBIATEGRASSO – Riccardo Magni, giovane e talentuoso poeta abbiatense, sempre più conosciuto e apprezzato, ha pubblicato di recente su Facebook un poemetto intitolato Oriente-Occidente (Fiori Afgani) che inizia così: “A Kabul un albero di acero cresce alla luce del tuo cortile…” e al termine propone un dipinto di Shamsia Hassani. Gli rivolgiamo alcune domande: Come sempre Riccardo, quello che scrivi riecheggia studi classici in una forma personale ed elegante. Parole raffinate e toccanti che risuonano come note musicali. In questo momento così drammatico per l’Afghanistan, all’orrore che abbiamo negli occhi e la tristezza nel cuore per le immagini che ci arrivano, tu contrapponi speranza e pace. Quali emozioni hai sperimentato? “Le emozioni provate sono state di profonda tristezza, consapevolezza che in quei giorni si stesse creando uno iato profondo. Allo stesso tempo, ho avuto modo di riflettere sui sentimenti che stessero provando la moltitudine di uomini, donne, bambini che vivevano quegli eventi in prima persona. In particolar modo, ho pensato a chi avrebbe abbandonato la propria terra, a chi si sarebbe allontanato dalle proprie radici (a questo fa riferimento l’immagine dell’acero), giungendo in un contesto totalmente nuovo. Da qui è nato il poemetto, un rapporto di amicizia che travalica le differenze linguistiche e culturali, un messaggio di speranza, per una pace che un giorno possa abbracciare il mondo intero”. Hai scelto poi di accostare allo scritto un dipinto di Shamsia Hassani, giovane artista afgana che ha iniziato a praticare la street art sui muri delle case di Kabul con spray e stencil e, con i suoi disegni, denuncia in particolare l’oppressione delle donne. Ritieni sia importante diffondere i suoi dipinti? Perché? “Credo sia fondamentale diffondere i suoi dipinti che, come ogni opera d’arte, sono veicolo di un messaggio universale, linguaggio attraverso cui vengono testimoniati le emozioni delle donne e, in modo più estensivo, anche di un intero popolo, nella speranza che ciascun individuo possa avere medesime possibilità di istruzione e libertà. D’Afghanistan si parla solitamente in relazione ad eventi tragici e bellici. In realtà, è un luogo con una storia millenaria, via di comunicazione tra Oriente e Occidente, con una tradizione artistica e culturale meravigliosa, di cui Shamsia Hassani è esponente contemporanea. ‘Voglio rendere l’Afghanistan famoso per la sua arte, non per la guerra’, afferma l’artista. Per accompagnare le mie parole ho dunque scelto un suo dipinto intitolato ‘Once upon a time’, sintagma che in lingua inglese introduce le storie per bambini, corrispondente al nostro ‘C’era una volta’. L’opera rappresenta una ragazza che leggera si dondola sopra a un’altalena, sfiorando i pioppi che stanno sotto di lei; è dipinta ad occhi chiusi, colta nell’atto di sentire il vento che le scosta i capelli all’indietro, mentre si slancia in avanti. Per il suo carattere sognante, favolistico, che emerge sin dal titolo, per l’anelito di libertà che ispira, ho pensato che fosse adeguato associarlo al mio poemetto. Amo far comunicare le arti, poiché ciò porta sempre ad amplificare la forza semantica del segno artistico. Tantoché, su Instagram, ho deciso di associare le mie parole e il dipinto all’assolo finale de ‘La cura’ di Franco Battiato, perché bisogna avere cura dell’umanità e della vita tutta, nella sua bellezza e nella sua sacralità. La poesia, l’arte devono innalzare l’interiorità degli uomini, condurre chi scrive e chi legge a guardare il mondo più in profondità, rendendo questa nostra terra un posto migliore”. Grazie Riccardo! Enrica Galeazzi
Oriente-Occidente (Fiori Afgani)
A Kabul un albero di acero
cresceva alla luce del tuo cortile;
le sue foglie reggevano il mondo,
mentre le radici continuavano
a parlarti di casa.
Hai lasciato una grammatica
e una chitarra sotto il letto,
una fotografia di te
sulla scrivania prima di partire.
E camminando tra strade
apparentemente sconosciute
ora ti pare di capire come
sia lieve il dolore
di avere il cuore lontano
dai passi.
E in primavera ti osservavo
camminare con un velo rosa
e fiori afgani tra le mani.
Ci siamo incontrati a scuola
un giorno di fine estate.
E non capivo quel che dicevi,
non comprendevo i tuoi segni
verbali vibranti
nell’aria di settembre.
Eppure le tue labbra sapevano
di luce, di un sole che non si spegne
alla fine del giorno. E allora
parlavamo inglese, gesticolando
come fanno i bambini quando
non conoscono la parola.
E d’estate ti osservavo
camminare con un velo azzurro
e frutti maturi tra le mani.
Mi insegnasti un po’
di afgano. “Così, se tornerò
a casa, saprai come cercarmi”,
mi dicevi, raccontandomi
di ragazzi che inseguivano aquiloni,
di ragazze che intrecciavano
collane mangiando arance
per le strade impolverate.
E d’autunno ti osservavo
camminare con un velo dorato
e libri usati tra le mani.
“La luna riempie i giardini
le notti di maggio, scivola
sui tetti dei minareti
e come un canto accentua
il profumo delle rose”.
E d’inverno ti osservavo
camminare con un velo celeste
e luce estiva tra le mani.
E cicliche le stagioni
proseguono il loro andare,
fanno come la felicità, che
talvolta si spegne e ritorna,
come la pace che da sopita
subito si risveglia.
Oriente-Occidente: e il sole
ogni giorno riprende
alato il proprio cammino,
e più lieve è la distanza,
più piccolo è il mare che
si apre e riunisce le terre.
E solo ora nei tuoi occhi
comprendo come a salvarci basti
una parola, un segno infinito
che sia dipinto d’amore.
Riccardo Magni
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