ABBIATEGRASSO – Matteo Curatella, LeMat, cantastorie abbiatense, racconta le sue storie in giro per il mondo, facendo divertire i bambini e stimolando la riflessione degli adulti. La sera di sabato 26 gennaio nei Sotterranei del Castello Visconteo, nell’ambito delle iniziative organizzate dall’ANPI per la Giornata della Memoria, narra l’esperienza in Libano, dove ha portato i suoi spettacoli nei campi profughi per i bambini siriani, alternandola con la visita ad Auschwitz. Un’ora vissuta intensamente, come ce la fa vivere il teatro di narrazione, quello di Baliani e Paolini, un’ora in cui immagini, sensazioni, sentimenti arrivano agli spettatori dalle parole e dai gesti di chi racconta e si muove sul palco intrecciando passato e presente, le atrocità della nostra storia passata e la disumanità del nostro mondo d’oggi. L’incontro a Beirut con le nuove schiave, donne eritree, etiopi, filippine che diventano proprietà delle famiglie benestanti in cui prestano servizio. La puzza di immondizia, di asfalto in una città dove c’è il mare, ma non si vede. Ad Auschwitz l’incomprensibile divieto di portare dentro il campo strumenti musicali, il cancello grigio con la scritta divenuta famosa, la visita al museo, a quel che resta dell’umanità strappata a milioni di persone. Nei campi profughi libanesi le baracche di lamiera in cui vivono le famiglie siriane, l’odore di piscio, vomito, letame e fango, e il colore preferito dai bambini, il rosso. Ad Auschwitz il muro delle esecuzioni e le camere a gas. A Beirut le interviste a donne e bambini, il loro desiderio di tornare a casa e i loro sogni sul futuro. A Birkenau i binari, il cancello, le baracche, le lapidi di pietra, i resti di un forno crematorio. Nei campi profughi siriani il sorriso dei bambini, il dialogo in arabo e napoletano con una donna, il capirsi al di là delle parole. E ad intervallare questi ricordi, impressi nella mente e nell’animo, testi letti, poesie recitate, canzoni accompagnate dalla fisarmonica, all’inizio l’inno del popolo Rom e alla fine la poesia di Santino Spinelli incisa sul Memoriale del Porrajmos a Berlino. “Perché sono qui oggi? – si chiede Matteo Curatella – Per ricordare, per celebrare, perché è giusto, si deve, perché abbiamo il dovere di cambiare, magari anche le parole di una poesia”. La poesia è quella famosa che introduce il romanzo di Primo Levi “Se questo è un uomo”, che viene recitata così: “Noi che viviamo sicuri/nelle nostre tiepide case/noi che troviamo tornando a sera il cibo caldo e visi amici/consideriamo se questo è un uomo/che naufraga nel mare/che non conosce pace/che lotta per mezzo pane/che muore per un sì o per un no./Consideriamo se questa è una donna/senza voce e senza nome/senza più forza di ricordare/vuoti gli occhi e freddo il grembo/come una rana d’inverno./Meditiamo che questo è stato e ancora è”. Parole queste che vanno scolpite dentro di noi e ripetute ai nostri figli e a chiunque incontriamo sulla nostra via. Così conclude la sua narrazione il cantastorie LeMat, prima di ricevere l’applauso del pubblico. Una narrazione che ben si presta ad essere portata nelle scuole alle nuove generazioni. M.B.
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