ABBIATEGRASSO – L’ANPI, Sezione “Giovanni Pesce-Visone”, nel weekend del 26 e 27 gennaio ha allestito nei Sotterranei del Castello Visconteo, con il patrocinio del Comune, la mostra “Donne nei lager”. Un’esposizione a cura di Puccy Paleari, storico ed esperto di deportazioni, che ha raccolto la testimonianza di nove donne sopravvissute all’orrore dell’Olocausto: Natalia Tedeschi, Ines Figini, Nerina De Walderstein, Nella Baroncini, Savina Rupel, Bianca Mori, Rosetta Nulli, Argentina De Bastiani e Onorina Brambilla Pesce. I loro racconti, sotto forma di pannelli e video-interviste, hanno ripercorso i momenti più traumatici di quell’orribile esperienza: l’arresto, la carcerazione, il trasporto, l’arrivo e la vita nei lager fino alla liberazione. Una sopravvivenza sofferta, grazie alla quale oggi possono raccontare le loro testimonianze e tramandarle alle generazioni per non dimenticare. Storie assurde, come quella di Natalia Tedeschi, proveniente da una famiglia ebrea di origine piemontese, venduta ai tedeschi da un amico di famiglia per 5mila lire. Un trattamento estremo quello di Nerina De Walderstein, picchiata, legata e abbandonata fino al trasferimento ad Auschwitz. Donne costrette a duro lavoro, come Ines Figini che a Ravensbruck lavorò per la Siemens, ben dodici ore di lavoro al giorno per produrre armi belliche. Testimonianze che fanno rabbrividire, ancora vividi sono i ricordi più tragici, come i primi ceffoni, la separazione dai parenti cari, la sensazione di essere spogli, senza identità e senza vestiti. “Tutti i giorni dentro di noi si perdeva qualcosa, la nostra personalità, il nostro modo di pensare, costrette a vivere nel freddo e nella paura, portava via ogni energia pensare che ogni giorno poteva essere l’ultimo su questa terra” raccontano le donne. Racconti di una tragicità disarmante che mettono con le spalle al muro. E pensare che ancora oggi c’è chi difende le radici dei valori nazisti e fascisti, c’è chi ancora oggi riesce a fare una politica basata sull’odio con tanto di consensi. Questo spiega quanto ancora sia necessario ricordare, non una volta all’anno ma ogni giorno, la tragedia della Shoa. I.S.
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