“Ed è in quest’ottica esiziale che deve essere letto il famigerato ius soli: con esso, si diventa tutti egualmente cittadini. Senza distinzioni. L’apice della uguaglianza, si potrebbe pensare. Ma il capitale conosce solo l’uguaglianza dell’irrilevanza, come la chiamava Hegel. Ossia ci rende tutti eguali nel senso di tutti egualmente irrilevanti. Chiama privilegi i diritti: per poterli distruggere in nome della lotta ai privilegi (vi ricorda qualcosa la rimozione dell’articolo 18?). Ed ecco lo ius soli: la cui ratio si compendia nel noto detto spagnuolo ‘todos caballeros’, dove ovviamente se sono tutti ‘caballeros’, nessuno è veramente ‘caballero'”. Diego Fusaro, saggista e filosofo del pensiero marxista con una spolverata neoidealista, dalle colonne dei Il Fatto Quotidiano lancia il suo monito contro la cittadinanza, a tutti i costi, per i figli degli stranieri nati sul suolo italiano. Quel maledetto Ius Soli che mira a sostituirci, una volta per tutte. Parliamoci chiaro, la battaglia che si sta combattendo in Senato e nelle piazze del nostro Paese è LA questione focale di questo tempo. Vivere o morire. Vivere come popolo o morire come civiltà.

Adriano Scianca, sulla sua pagina di Facebook, concentra l’attenzione sulla scoperta dell’identità interiore di ogni essere umano. La burocrazia può sostituire la storia degli uomini? “Chi dice che a un bambino marocchino bastano cinque anni di scuola in Italia per assorbire tutto questo e sentirsi italiano, mente sapendo di mentire. Quel bambino continuerà a guardarsi attorno e fingerà di identificarsi con ciò che vede, ma sarà sempre una finzione. Una voce interiore gli dirà sempre che i suoi avi hanno costruito qualcos’altro, hanno lavorato, conquistato, sofferto altrove. Le ossa dei suoi antenati fecondano un’altra terra, l’orizzonte che ha plasmato la sua gente è a migliaia di chilometri di distanza”. Lo specchio riflette l’immagine di quello che siamo, un timbro sopra un documento è carta straccia. L’individualità si scioglie tra la propria gente, l’Io muore davanti al Noi. Dobbiamo tenere salde le posizioni, in ogni istanza difendere lo Ius Sanguinis. Laddove riposano le ossa dei tuoi avi si trova la tua Patria.

In un articolo, apparso su Il Tempo qualche giorno fa, dal titolo L’imbecille globale è al potere, Marcello Veneziani prende a pugni il carrozzone del politicamente corretto. Quello che inginocchiato davanti agli intellettuali, mi venga perdonato l’abuso del termine per descrivere i cerimonieri della morte delle idee, ci indica la via, l’unica via possibile. “E se l’Imbecille Globale a reti unificate fosse il Grande Fratello del nostro tempo? Se fosse lui il Portavoce multiplo del Non-Pensiero Unico, cioè del nuovo regime totalitario-globalitario? E se fosse proprio quell’Uniformità Totale e quel corale accodarsi la miseria prioritaria del nostro tempo? Non so voi, ma io di quell’Imbecille Planetario che ripete il Discorso Unico e Identico all’Infinito, non ne posso più”. Siamo arcistufi, ne abbiamo le orecchie piene, il vomito ci assale. Basta, lasciateci stare. Intorno a noi vediamo decine, centinaia, migliaia e milioni di agenti Smith, quelli portati su cellulosa dai fratelli Wachowski nella pellicola Matrix, inconsapevoli difensori dello status quo. Inconsapevoli beoni pronti a spellarsi le mani e farsi rauca la voce per difendere gli altri, per difendere i diritti delle minoranze, per difendere la propria condanna. Pazzesco. Abbiamo messo la testa nella ghigliottina, diventando vittime e carnefici. “E adesso, boia, mandami pure all’altro mondo, da quel Dio Onnipotente, Lui sì padrone del Cielo e della Terra, al quale – al posto dell’altra guancia – io porgo… tutta la capoccia”. Per dirla con le parole di Don Bastiano, personaggio proveniente da Il Marchese del Grillo.

Il Primato Nazionale scomoda alcuni dei capofamiglia nobili della Patria per dimostrare come ci sia qualcos’altro oltre alla nazionalità d’appartenenza. Non basta una firma sopra un foglio dell’ufficio nascite per essere considerati italiani. “La visione risorgimentale e post-risorgimentale dell’italianità risente potentemente di un’idea di nazionalità anche ‘biologica’: da Mazzini, per cui ‘lingua, territorio, razza’ sono ‘gli indizi della nazionalità’, da confermare poi con un atto storico volontaristico, a Manzoni (‘una [l’Italia] d’arme, di lingua, d’altare/Di memorie, di sangue e di cor’), a Gioberti (‘v’ha bensì un’Italia e una stirpe italiana congiunta di sangue, di religione, di lingua scritta ed illustre’) fino a Francesco De Sanctis (‘saremo una nazione di ventisei milioni di uomini, una di lingua, di religione, di memorie, di coltura, d’ingegno e di tipo’) e Cavour (‘una [l’Italia] la rendono la stirpe, la lingua, la religione, le memorie degli strazi sopportati e le speranze dell’intiero riscatto’). Così parlarono i padri della nazione. Chissà come parleranno i suoi figli ultimi…”. Questa è la nostra storia, il nostro spirito, il resto atti criminali verso la nazione. L’amico giornalista, Magdi Cristiano Allam, sul suo blog ha prodotto un concentrato di nozioni da stampare ed appendere in ogni casa, in ogni ufficio ed in ogni coscienza. “Gli italiani devono essere consapevoli che accordare lo ius soli e consentire ai musulmani o ai cinesi di auto-amministrarsi sulla base di proprie regole e leggi, promuovendo in parallelo l’auto-invasione di milioni di giovani prevalentemente islamici nella fascia d’età dell’esplosione della fertilità maschile, sarebbe un suicidio traducendosi nella sostituzione etnica della popolazione italiana e nella fine della nostra civiltà, nella sottomissione alla dittatura finanziaria e alla tirannia dell’Islam”. Non moriremo sostituiti, ma dobbiamo gridarlo a tutto il mondo, un ruggito inequivocabile, orgogliosi di essere italiani. Non regaleremo mai la nostra identità per essere, infine, sostituiti. Andrea Pasini