A proposito della presentazione del libro sulla strage a Robecco nel 1944 e della discussione che ne è seguita in merito alla lapide alla cascina Chiappana, la sindaca Barni mi accusa di mancare di rispetto all’Amministrazione comunale. Vediamo da che parte sta il rispetto. Per manifestare la mia riconoscenza ai robecchesi per la cittadinanza onoraria, ho stampato a mie spese una pubblicazione storica su Robecco negli anni 1940-45 e, un mese prima della serata fissata per il conferimento dell’onorificenza, appunto per rispetto dell’amministrazione comunale ho fatto avere una ventina di copie alla sindaca Barni per il Consiglio Comunale, con lettera accompagnatoria. Silenzio. Durante la serata dell’onorificenza, ho dovuto dire io del dono della pubblicazione alla comunità (dovevo pur giustificare la copia che esibivo al pubblico), perché la sindaca è rimasta un’altra volta zitta. Dopo qualche giorno, recapitai a Barni altre copie, da distribuire alla cittadinanza: ancora silenzio. Allora raddoppiai il numero di copie: sempre silenzio. A quel punto distribuii direttamente la pubblicazione alle associazioni locali. Mi auguro che prima o poi la sindaca dia almeno un cenno di ricevuta delle copie avute a più riprese. Durante la serata dell’onorificenza, la sindaca mi consegnò un diploma privo della sua firma e del timbro comunale: in pratica un facsimile che chiunque può farsi col computer. Sempre per rispetto dell’istituzione comunale, ho evitato di suscitare l’ilarità generale e il giorno dopo, con discrezione, ho restituito il diploma senza valore affinché venisse regolarizzato. Quanto alla serata di presentazione del libro, la sindaca sostiene di avermi “accolto”. Accolto? Sia lei sia il vicesindaco non hanno ritenuto, all’inizio o alla fine della serata, di salutare i relatori, il coordinatore e i ragazzi prestatisi per le letture. Men che meno c’è stato un breve saluto per i concittadini presenti. La sindaca rivendica anche questa concessione a mio favore: “Lo abbiamo fatto parlare come ha voluto senza censure”. Ringrazio per la graziosa concessione del diritto di parola (anche se ho già dalla mia parte l’art. 21 della Costituzione) e in particolare per la rinuncia all’esercizio del diritto di censura (si usa proprio questa parola odiosa e d’altri tempi!). A proposito di censura, la sindaca sostiene pure che io ero d’accordo a che “il testo del libro venisse visto prima della pubblicazione dai famigliari delle persone coinvolte nella strage”. Non è così: ero d’accordo nel far sapere ai famigliari l’iniziativa del libro, come è stato fatto ricevendo anche incoraggiamenti, ma non avrei mai accettato, sempre a proposito del citato art. 21, che una qualsiasi persona avesse a disposizione il testo per suggerirmi quali documenti d’archivio togliere o mettere (alla sindaca, ed esempio, non piace qualche dettaglio crudo – che ho lasciato – ma non resta impressionata anche andando a Kalha, dove furono deportati i robecchesi?); così come, ma questo la sindaca non lo dice, mi sono rifiutato di aderire alla sua richiesta di cambiare il titolo del libro (“Questo è il giorno della vendetta, non del perdono”) “perché noi – sostenne, col vicesindaco che annuiva – siamo per il perdono e non per la vendetta: perdonare ma non dimenticare”. Siamo tutti d’accordo nel perdonare, il fatto è che la storia è storia e anche il titolo è storia. Così come non è vero che in quell’occasione ho “chiesto un contributo”: ho invece proposto al Comune l’acquisto di copie, da far stampare anche da un loro tipografo di fiducia, per diffondere l’opera tra la cittadinanza. Quanto infine al patrocinio per la serata di presentazione del libro, credo che la sindaca lo possa dare per qualsiasi iniziativa avendolo concesso per la presentazione dell’autobiografia di uno sportivo consigliere comunale titolare della delega allo sport ricevuta dalla sindaca stessa… La verità è che Barni fa l’offesa, quasi ritenendomi responsabile del delitto di lesa maestà, per continuare a sottrarsi alle mie domande: quali giustificazioni dà, alla cittadinanza prima che a me, della lapide muta alla Chiappana? Per quali motivazioni si è rifiutata di inserire la presentazione del libro nel magro programma del 25 Aprile? C’è qualcosa nel libro che non le piace? Perché sta zitta quando un politico suggerisce di mettere una pietra sopra il ricordo della strage? Perché, invece di discutere le mie opinioni, mi insulta pubblicamente con modalità poco decorose? E cosa significa, riferendosi a me: “Credo che dietro tanto risentimento si nasconda altro”? Di quale secondo fine mi sta accusando, con allusioni oscure quanto ripugnanti? Lo dica apertamente, a proposito di rispetto dell’istituzione comunale. Mario Comincini