ABBIATEGRASSO – Attorno ad una montagna di fascine da bruciare, nella ricorrenza di Sant’Antonio Abate, si radunavano un tempo le famiglie del contado con tanta voglia di scacciare l’inverno e far tornare la bella stagione; le ceneri venivano poi raccolte in sacchettini da tenere in tasca per allontanare le malattie. Attorno ad uno scoppiettante falò acceso in uno spiazzo erboso dell’oratorio, domenica pomeriggio, si sono ritrovate le famiglie che fanno capo alla parrocchia di Sant’Antonio Abate a Castelletto, per trascorrere alcune ore insieme in allegria, mangiando dolci frittelle e bevendo vin brulé. Non sono mancati i momenti di preghiera e i canti di lode al Santo Patrono e al Signore per invocare la sua benedizione su “bipedi e quadrupedi”, riuniti attorno al parroco, don Giuseppe Tavecchia. Alle 15.00 è iniziata la liturgia vespertina, in una chiesa affollata e illuminata da numerose candele. Nella navata si è levato l’inno corale a Sant’Antonio, seguito dalla recita a cori alterni del salmo 50 e dalla lettura di tre brani, uno dei quali ha ricordato l’episodio di Antonio che fa sgorgare l’acqua nel deserto. Si è recitata anche la preghiera a Sant’Antonio, perché “allontani dai nostri animali, dai nostri campi e da noi stessi ogni influsso del demonio”. Il sacerdote ha poi esorcizzato, benedetto con rito antico, il sale e l’acqua. Ha, quindi, impartito la benedizione con la reliquia del ‘700, contenente alcuni frammenti ossei del Santo, che ha ricevuto il bacio dei fedeli in fila verso l’altare. Si è formata, subito dopo, la processione che ha accompagnato la statua del Santo sul sagrato, dove è stata impartita la benedizione agli animali presenti, per lo più cani di diverse taglie e una splendida oca in braccio al suo fattore: “Gli animali sono creature poste da Dio al nostro servizio; fa’, o Dio, che possiamo servirci di loro saggiamente, riconoscendo la dignità e il limite della nostra condizione umana”. La processione si è poi diretta nel campo dell’oratorio, dove ad essere benedetto è stato questa volta il fuoco appiccato alla catasta di legna e sterpaglie allestita in mezzo all’erba: “Benedici, Signore, questo fuoco, che fa divampare nei nostri cuori l’incendio della tua carità”. Il bagliore delle fiamme, alimentate da folate di vento, ha ridato allegria a piccoli e grandi, in folla davanti al falò scoppiettante, ad aspettare che la legna diventasse cenere infuocata. In mezzo ai cittadini si notava la presenza di qualche autorità, come il sindaco Nai, il vicesindaco Albetti e mons. Binda, oltre ad altri volti della politica abbiatense. E mentre i Baghèt Band bergamaschi, avvolti in neri mantelli, rallegravano ancor di più l’atmosfera con il suono dei loro strumenti, tutti a rifocillarsi con bevande calde e a scambiare quattro chiacchiere con amici e conoscenti, a visitare il mercatino dell’usato e ad attendere l’estrazione dei numeri della lotteria. Così, ancora una volta, la festa di Sant’Antonio ha riproposto, come ai vecchi tempi, la tradizione di voler scacciare, davanti alle fiamme accese, i rigori dell’inverno e sollecitare l’arrivo della più mite stagione, insieme alla speranza di poter esorcizzare gli eventi negativi dell’esistenza. Un rito propiziatorio, dunque, ma anche un momento di preghiera e, perché no, di allegria e divertimento per grandi e piccoli. M.B.