Il commento di Alberto Marini su Abbiategusto, che condivido pienamente, mi sollecita ricordi e riflessioni. Tutto quello che fa osservare è corretto, ma soprattutto è vero! Mi limiterò quindi a far conoscere quali erano i propositi di quando si iniziò a fare questa manifestazione. Almeno questo mi sia concesso visto che ad idearla è stato il sottoscritto. Le prime due edizioni nel 2000 e 2001 vennero fatte in accordo con il geometra Cattaneo, Dirigente comunale organizzatore delle fiere, Roberta Nencini, che si occupò della comunicazione, Maurizio Santin che ideò il logo (il leone con il cappello da cuoco) e io che iniziai a contattare i possibili espositori, privilegiando le Cittaslow e cercando di individuare i produttori più qualificati. L’idea non fu mai quella di fare un’appendice alla Fiera Agricola ma, al contrario, di fare una manifestazione di eccellenza, per poterla lanciare occorreva però una base di massa di visitatori che fino ad allora aveva solo la fiera di ottobre. Dopo due anni si decise che Abbiategusto era pronto per essere proposto come evento disgiunto. Questa decisione venne presa in accordo con l’opposizione (presenti Bardazzi e Gornati) prima delle elezioni del 2002, proprio perché tutti concordavano che l’iniziativa andava sostenuta e bisognava svestire i panni della sagra, (in Italia ce ne sono a migliaia) per indossare quelli di una manifestazione di eccellenza. L’esempio da seguire era, anche se in piccolo, il salone del Gusto di Torino. Soprattutto all’inizio quello che ci distinse nettamente dalle altre manifestazioni fu il fatto di portare nella cucina della fiera, grazie alla collaborazione determinante di Ezio Santin, i più grandi chef della ristorazione italiana. Vi assicuro che girando l’Italia nonché l’Europa per partecipare alle manifestazioni delle Cittaslow, non avevo difficoltà a trovare nuovi espositori quando li informavo che alla manifestazione partecipavano ristoranti come: l’Antica Osteria del Ponte, il Sole di Ranco, Da Vittorio di Bergamo, Claudio Sadler, Aimo e Nadia, D’O di Davide Oldani, il Convivio dei fratelli Troiani di Roma e molti altri di grande eccellenza. Sono state queste presenze che più di tutto ci hanno permesso di far crescere Abbiategusto fino al riconoscimento di Fiera Nazionale. L’intento (riuscito) oltre naturalmente a quello di creare una risonanza extracittadina fu quello di poter permettere anche a chi non aveva la possibilità di accedere direttamente a questi grandi ristoranti e di poterne comunque degustare i menu ad una prezzo abbordabile. Le cene infatti erano apprezzatissime, i posti presto prenotati ed esauriti.. In quel periodo, durante le tre giunte consecutive di centro-sinistra venne coniato non ricordo se da Fossati o da Mola lo slogan “una città di provincia che vuole vivere in un modo non provinciale” Altri tempi? Mi auguro che l’attuale sia solo una pausa di riflessione e che il cammino dell’eccellenza e dell’internazionalizzazione venga ripreso già dalla prossima edizione. Adolfo Lazzaroni, Abbiategrasso