ABBIATEGRASSO – Il rapporto tra persone e social media è stato al centro dell’incontro dello scorso 30 giugno alla Cooperativa Rinascita Abbiatense. L’evento è stato organizzato dall’Associazione La Salamandra e ha avuto come ospite il giornalista ed esperto di social media Jacopo Franchi, con il suo libro “Solitudini connesse. Sprofondare nei social media”.
Molte le persone presenti all’incontro, interessanti e costruttive le interazioni tra pubblico e protagonisti, in pieno stile Salamandra. In occasione della presentazione del libro e della relativa discussione, abbiamo intervistato l’autore: “Solitudini connesse”, di che cosa parla nel suo libro?
“Il libro è una riflessione, una panoramica e una riflessione su quello che sono i social media oggi. Come sono costruiti, come funzionano e in che modo queste peculiarità influiscano le modalità di relazione e comunicazione delle persone. Spesso siamo portati a pensare che siano nuovi mezzi per la solita comunicazione, in realtà i social hanno creato una modalità inedita di comunicazione tra le persone; ci danno sicuramente delle possibilità in più, ma da un altro punto di vista ci limita fortemente. L’algoritmo secondo il quale ci viene mostrato sempre più spesso ciò che noi ricerchiamo e seguiamo, rischia di modificare e parzializzare la visione che noi abbiamo della realtà e influenza anche le relazioni che abbiamo, chi e come gli altri possano vedere le nostre attività… tutto naturalmente in proporzione al tempo che si passa sui social media”.
Quali sono i pericoli che possono scaturire da questo uso dei social?
“Il pericolo maggiore è quello di credere che siano forme di comunicazione assolutamente neutrali e che coinvolgano strumenti di informazione già esistenti, il realtà sono piuttosto diversi; sono piattaforme che in un certo senso approfittano delle debolezze del bisogno di comunicazione e contatti e su questo c’hanno costruito un impero. Un modo per fare un passo in avanti ed usare questi strumenti in un modo più equilibrato sia quello di cambiare un po’ le nostre aspettative, i social credo che più che essere piattaforme di relazione, siano piattaforme per far rientrare più velocemente le informazioni o recuperarle. Quindi vederli meno come ‘social’ ma più come ‘media’ inteso come relazioni e produzioni di contenuti dal basso. Sarebbe quindi essenziale che anziani e più giovani possano rivedere le loro aspettative da queste piattaforme. Un aspetto su cui riflettere credo che sia quello inerente alle analisi dei nostri contenuti, di un blog, di un semplice profilo personale Facebook, a chi arrivano i nostri messaggi? Chi ci mette mi piace? Perché? Spesso le risposte a queste domande ci potrebbero portare ad alterare i toni e i contenuti dei nostri messaggi”.
Quali differenze riscontra nell’uso dei social nelle diverse generazioni?
“A mio parere è una differenza prevalentemente di quello che si cerca all’interno di questi strumenti. Chi è nato nell’età analogica ha forse maggiori possibilità di distinguere tra quello che è la verità e quello che non lo è. Però credo sia anche sbagliato pensare che le nuove generazioni siano naturalmente social e tecnologiche, diciamo che mancando dei luoghi reali di condivisione tra ragazzi, essendo ormai sempre controllati e rintracciabili con i nuovi strumenti, ecco che loro sfuggono in mondi virtuali cercando di svincolarsi dall’occhio degli adulti, impreparati a seguirli anche in quei contesti. E’ così che poi ogni generazione ha il suo social di riferimento, a seconda della diffusione di questo nel mondo dei più grandi.
Dieci anni fa l’adolescente usava Facebook, oggi usa Instagram; tra qualche anno si passerà ad altri social ‘vergini’ rispetto alle generazioni più vecchie, probabilmente si troveranno spazi social non più basati su contenuti visivi, ma si svilupperanno piattaforme audio, ma questa è solo un’ipotesi. Comunque questa tendenza credo che non morirà mai”. Luca Cianflone
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