ABBIATEGRASSO – Quanto è avvenuto a Parigi, solo perché la Francia, coraggiosamente, ha deciso come la Russia di impegnarsi contro l’Isis che uccide, decapita, distrugge vite umane e testimonianze storiche al grido di “Allah è grande”, è inaccettabile. Sette giovani attentatori si sono immolati, distruggendo non solo la propria vita ma quella di centinaia di vittime innocenti, diffondendo ovunque terrore, insicurezza, orrore, la consapevolezza che si tratta di una dichiarazione di guerra, una guerra che non si combatte solo in Siria e nelle zone di conquista del califfato ma coinvolge tutto il mondo. Un mondo globalizzato che vede flussi migratori sempre più consistenti, che non si riesce o non si vuole gestire, che significano a volte anche invasione islamica che porta con sé il pericolo terrorista non facilmente identificabile, lo dimostra il terrorista del commando francese, arrivato dalla Siria su un barcone e accolto come profugo. Il mondo civile ma soprattutto gli islamici moderati devono gridare nelle loro moschee la condanna del fondamentalismo, che semina distruzione e morte. Ad Abbiategrasso i due centri islamici si sono espressi con una fiaccolata e con un comunicato. I segnali della guerra in atto c’erano da tempo, come dimostra un’intervista di Oriana Fallaci per il “Wall Street  Journal” del 2005 in cui asseriva: “L’Europa non è più l’Europa, è diventata l’Eurabia, una colonia dell’Islam nella quale l’invasione islamica non procede soltanto in senso fisico ma penetra anche nelle menti e nelle culture. Il servilismo nei confronti degli invasori ha avvelenato la democrazia, con ovvie conseguenze per la libertà di pensiero e per lo stesso concetto di libertà”, la realtà odierna purtroppo non la contraddice così come le sue domande: “Che senso ha rispettare chi non rispetta noi? Che senso ha difendere la loro cultura o presunta cultura quando essi disprezzano la nostra?”, tra i responsabili delle stragi di Parigi è stato accertato che c’era  chi parlava perfettamente francese, probabilmente nato in quell’Europa impegnata ad integrare e ripagata con la morte dei suoi figli. Per ogni guerra bisogna chiedersi “a chi giova?”, giova all’economia, soprattutto a chi vende armi, a chi deve ricostruire quanto viene distrutto, all’auditel. In questa terza guerra mondiale, come giustamente denuncia il Papa, si affievolisce sempre più la fiducia nelle istituzioni e nella politica, in chi deve decidere come proteggerci mentre si rafforza la generalizzazione che porta ai totalitarismi, quanto è accaduto ci costringe ad avere paura e ci condanna al sospetto. E’ sempre più difficile passeggiare spensierati o salire in metropolitana senza guardarci intorno e scrutare i vicini e studiarne l’atteggiamento, ripensando ai 129 morti e 300 feriti gravi che venerdì sera erano sereni in un bar, in un teatro, al ristorante o in un teatro a Parigi e sono stati colpiti. A Parigi c’erano anche molti abbiatensi, come Ivan Donati e diversi ragazzi per visitare musei, per ragioni di studio o di lavoro. Impossibile non pensare che potevamo esserci noi o i nostri figli, una guerra non più tra eserciti ma, se possibile, ancora più crudele. La paura è però un bene, se ci spinge a pretendere che non ci si fermi al cordoglio e alle parole. E.G.