ABBIATEGRASSO – Alla figura di Sant’Antonio Abate, che il calendario ricorda il 17 gennaio, è legato un antico proverbio, recitato dalle nostre parti in dialetto, “Sant’Antóni, un fréc da demóni”, insieme all’usanza, tramandata dai vecchi tempi, di riscaldarsi nelle campagne al fuoco dei falò, per allontanare i rigori dell’inverno e far tornare presto la stagione più mite.
I bagliori di qualche falò risplenderanno anche quest’anno, ai nostri tempi, nel rispetto delle norme fissate dalle ordinanze dei Sindaci dei vari paesi, e ci si ritroverà attorno alle fiamme scoppiettanti in compagnia a bere bevande calde e gustare le dolci “carsenze”, che fanno capolino nelle vetrine dei fornai sin dai primi giorni di gennaio, perché “el primm de l’ann se comenza a mangià la carsenza”, come diceva il poeta Rajberti nell’800.
Se falò e “carsenze” fanno parte di usanze sopravvissute nella nostra città, insieme al rito della benedizione degli animali nelle cascine, è purtroppo scomparsa la tradizione dei caratteristici “firòn” di castagne, che dalle valli cuneesi arrivavano anche ad Abbiategrasso in questo periodo a fare bella mostra di sé su una bancarella in piazza Marconi. Gli abbiatensi più attempati si ricorderanno certo che moltissimi anni fa, in prossimità della ricorrenza di Sant’Antonio, girava per vie e piazze un uomo che portava sulle spalle e attorno al collo i “firòn” e ne proponeva ai passanti e nei negozi l’acquisto.
Lo chiamavano “El Mugnaga”, perché andava gridando che le sue castagne erano morbide come le albicocche. In effetti, quelle castagne, che raccontavano venissero infilate a mano dalle donne delle valli piemontesi, avevano un gusto particolare, diverso dalle caldarroste, perché cucinate in modo tale da renderle assai morbide. Negli ultimi anni, a causa della pandemia, gli ambulanti del Cuneese non sono più venuti in città e neppure quest’anno si sono visti. Peccato che questa bella tradizione sia scomparsa! M.B.
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