ABBIATEGRASSO – Antonio Missanelli è stato per quasi quindici anni docente di Letteratura Inglese alla UTL di Abbiategrasso. Come è noto i corsi UTL si sono bruscamente interrotti a causa della pandemia. Con la ripresa delle attività dopo il lockdown si spera che anche quelle culturali riprendano a pieno ritmo. Missanelli, laureato in lingua inglese, si è particolarmente interessato a Shakespeare, pubblicando, tra l’altro, il libro “L’ultima castellana di Abbiate”. Nel libro, incredibilmente, si intrecciano le vicende storiche e private della duchessa Bona di Savoia con la storia di Abbiategrasso e con il Riccardo III di Shakespeare. Rimane irrisolta la questione dell’identità del grande drammaturgo. “Shakespeare era italiano”? “Difficile rispondere a tale domanda in modo esaustivo. Di sicuro, nel corso di quattro secoli, é cambiato l’atteggiamento degli studiosi nei confronti della tesi dello ‘Shakespeare italiano’. Ma personalmente non ho visto prove inconfutabili. Nel tempo si sono formati due schieramenti: ‘strat-fordiani e anti-stratfordiani’, I primi giurano sull’assoluta autenticità delle trentasei opere pub-blicate nel 1623. I secondi includono autorevoli studiosi come M. Twain, O. Wilde, T. Mann, S. Freud, C. Chaplin e tanti altri che esprimono forti dubbi. Tra loro anche studiosi italiani come Santi Paladino le cui tesi sono spesso convincenti e suggestive: la più accreditata è quella che attribuisce le opere shakespeariane a due studiosi italiani molto noti e apprezzati a Londra: Michelagnolo e John Florio, padre e figlio”. Chi era e cosa ha scoperto Paladino? “Giovane scrittore e giornalista (1902-1981) partecipò al dibattito sulla reale identità dell’autore delle opere shakespeariane. Nella sua biblioteca di famiglia, nel 1925, trovò un libro, second fruits, scritto nell’epoca elisabettiana-giacomiana e attribuito a Miche-lagnolo Florio, padre di John, entrambi molto conosciuti a Londra. Paladino capì subito che si trovava tra le mani, forse, la soluzione dei molti enigmi e misteri che aleggiavano da secoli sui reali autori delle opere da sempre attribuite a Shakespeare. I libri first fruits e second fruits contenevano gli stessi concetti, che erano ripresi anche in alcuni testi shakespeariani come Pene d’amor perdute e Troilo and Cressida. Altra scoperta stupefacente di Paladino fu il luogo dove il libro era stato pubblicato, la Valtellina, e la data, 1549: Quindici anni prima della nascita di Shakespeare e quattro prima di quella di John Florio. Nel 1927 Paladino cercò di dimostrare in un articolo che Shakespeare era italiano e che Michelagnolo e Shakespeare erano la stessa persona. Le tesi di Paladino vennero accolte con incredulità e sconcerto dagli ambienti culturali e politici. Alle ricerche sull’identità del Bardo, Paladino dedicò tutta la vita, non sempre con insuccessi, ma spesso sotto la forte pressione degli Stratfordiani, che si adoperarono per fargli chiudere l’Accademia fondata a dispetto del silenzio degli inglesi e dello scetticismo degli accademici. Il primo libro, dove dimostrava le sue tesi andò letteralmente a ruba, ma ne venne impedita la ristampa. Tutto il materiale conservato in accademia andò perduto. Morì nel 1981 senza alcun riconoscimento della cultura ufficiale per il suo impegno e i suoi studi”. Qualche altro straniero ha confutato le tesi degli accademici ufficiali? “Di studiosi e ricercatori ce ne furono. Ma, evidentemente, la pressione della cultura ufficiale era più potente. Per esempio consideriamo il caso della studiosa inglese F.A. Yates, autrice di numerosi studi sulle correnti filosofiche ed esoteriche dell’epoca. Molti furono gli autori contemporanei di Shakespeare cui furono attribuite, anche solo parzialmente, le opere shakespeariane. D’altronde i testi di Shakespeare sono ricchi di una cultura talmente sconfinata che è dubbio possa essere espressa da una sola persona. Furono ipotizzati i nomi più fantasiosi: dalla regina Elisabetta a Mary Sidney, dal conte di Derby al drammaturgo C. Marlowe, da E. de Verre a Francis Bacon.I temi presenti nelle opere shakespeariane sono numerosi e riflettono i cambiamenti sociali e politici dell’epoca, ma tra le numerose tematiche ci sono anche quelle dettate da influenze classiche e rinascimentali Si spiegano così le vicende dell’antica Roma, Atene, Cipro e Delfi. Ma non si spiega il fatto che quasi metà delle opere shakespeariane siano ambientate in città italiane”. Ci svela il “piccolo episodio”, oltre al caso, che ha determinato di recente un considerevole risveglio dell’interesse per i misteri del grande poeta inglese (o italiano?) “In base agli studi di diversi anti-stratfordiani è provato che Michelagnolo Florio visse per circa venti anni a Soglio in Val Chiavenna, non trascurando di cancellare tutte le tracce della sua presenza in Valtellina. I motivi sono noti: Michelagnolo, condannato a morte dall’inquisizione, aveva girato tutta l’Italia finendo prima in Inghilterra, sotto la protezione dei protestanti, e poi in val Chiavenna dove i protestanti erano trattati con una certa tolleranza. Ed ecco il ‘piccolo episodio’: alcuni anni fa il noto pittore e artista, Roberto Plevano, nato proprio in val Chiavenna e conosciutissimo ovunque, ma specialmente nel milanese e nell’abbiatense, fu presente ad una conferenza, a Soglio, su Michelagnolo e John Florio. Plevano rimase sbalordito nell’apprendere che Shakespeare non era altro che lo pseudonimo di John Florio e del padre Michelagnolo. Costui si era sempre preoccupato di aiutare il figlio a raggiungere i livelli massimi della cultura del tempo. Chiunque sia un appassionato delle vicende e delle opere shakespeariane non può non provare forti emozioni nell’apprendere queste notizie. Il figlio di Michelagnolo, John, ha probabilmente frequentato la scuola fondata dal grande letterato e linguista Ludovico Castelvetro, il quale visse e morì nella casa natia di Plevano, nella vicina Chiavenna. Dice Plevano: ‘Provo emozione a raccontare questa storia, dà i brividi pensare che il vero Shakespeare potrebbe aver frequentato la mia casa natia’”. Finita la pandemia e riaperte le attività dell’UTL di Abbiategrasso, finalmente riprenderanno e promuoveremo i corsi su ‘L’Italia di Shakespeare’, mantenendo vivo il dibattito sul mistero del grande drammaturgo. Un mistero e un’ipotesi affascinante, che è possibile approfondire con un esperto come Missanelli, cui siamo davvero grati. Enrica Galeazzi
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