ABBIATEGRASSO – Martedì pomeriggio, 18 ottobre, si è tenuto all’Annunciata un importante convegno in occasione della Giornata Europea sulla tratta degli esseri umani, per parlare dell’evoluzione del fenomeno della tratta e dello sfruttamento della prostituzione. Una decina di anni fa avevo accompagnato per una giornata alcune volontarie dell’associazione nel loro lavoro di aiuto alle donne che, per seguire un sogno d’amore o per sfuggire alla fame, col desiderio di una vita migliore si ritrovano in un incubo peggiore. Parlare con loro, ascoltare anche se per poco un accenno alla loro storia, leggere nei loro occhi paura, delusione, rassegnazione, spinge a non rassegnarci a nostra volta. Da 20 anni volontari ed operatori Lule, il cui nome significa “fiore” in albanese, si prodigano con questi “fiori” che un po’ ogni giorno appassiscono per strada, offrendo loro un supporto sanitario, psicologico, proponendo un percorso diverso, per uscire da una violenza che è diventata quotidianità e assuefazione, recuperare dignità e anche la libertà di sognare. Ma il convegno di Lule è andato oltre, ha affrontato la tratta e lo sfruttamento della prostituzione, nel contesto dei flussi migratori che attraversano il Mediterraneo. Dopo un breve filmato con spezzoni  che raccontano come ha inizio, in maniera molto simile in ogni parte del mondo, il reclutamento e lo sfruttamento, sono stati forniti i dati della prostituzione in Italia: 70.000 prostitute, 9 milioni di clienti, rendono 5 miliardi di euro l’anno. L’intervento del prof. Francesco Carchedi, fondatore del Parsec, che ha approfondito in particolare il caso Nigeria, dal reclutamento allo sfruttamento, è servito a comprendere l’evoluzione del crudele fenomeno negli ultimi 20 anni. Sono passati 20 anni infatti dal 1° studio della tratta che non a caso coincide con la nascita di Lule. Ma da qualche anno risulta sempre più evidente l’affiancamento con un altro tipo di fenomeno, lo sfruttamento lavorativo di stranieri in vari settori, da quello agricolo, all’edile, ma anche in turismo e ristorazione. Negli ultimi 2 anni si è aggiunto anche l’accattonaggio, anch’esso gestito da organizzazioni criminali. Si osserva che la criminalità organizzata modifica e articola le sue performance sulla base di tutti i possibili settori di sfruttamento. Oggi lo sfruttamento lavorativo sembra addirittura superare quello della prostituzione e non ci sono ancora dati numerici per quanto riguarda il meccanismo di sfruttamento dell’accattonaggio. Più conosciuto rimane il fenomeno della prostituzione, l’assoggettamento servile di tante donne che subiscono violenze fisiche e psicologiche nel loro percorso migratorio, sia che arrivino dalla Nigeria che dalla Romania o da ogni altro Paese. Certo le modalità di reclutamento si differenziano, il lungo viaggio di ca. 6.000 km dalla Nigeria che comprende anche zone di guerra da superare e da aggirare, alla mercé di organizzazioni criminali che spesso sono affiancate da organizzazioni terroristiche che utilizzano i proventi del lucroso business per destabilizzare politicamente, rendono ancora più vulnerabile il percorso, soprattutto dopo il venir meno dello Stato libico. Purtroppo la strategia di chi aspira ad emigrare per migliorare, viene utilizzata dall’organizzazione criminale che ha l’opposto obiettivo di arricchirsi a scapito della persona. Non è mancato l’accenno alla ‘maman’, che pur non esponendosi è parte centrale dell’organizzazione, con funzione ‘genitoriale’ e in base alle sue capacità organizzative, si pone  in una scala gerarchica fino ad essere la big maman, percettrice del denaro che poi finisce ai vertici dell’organizzazione che li investe in droga e armi. In diverse regioni d’Italia, anche in Lombardia e nel milanese, è provato che chi gestisce la prostituzione è anche potente intermediario per grandi partite di droga, le collusioni sono emerse da diverse indagini giudiziarie. L’affermazione “il traffico di esseri umani è il grande business del futuro”, giustamente corretta da Antonio Zanardi Landi sull’Osservatore Romano dello scorso giugno con “è diventato il più grande business del Mediterraneo”, indica purtroppo un tragico presente che non può e non deve lasciarci indifferenti. Enrica Galeazzi