ABBIATEGRASSO – Nausicaa Pezzoni è un Architetto e Dottore di Ricerca in Governo e Progettazione del Territorio, autrice di un libro dal contenuto rivelatore di una realtà ancora troppo mal discussa. “La città sradicata”, pubblicato da “ObarraO Edizioni” e presentato il 26 maggio nel cortile dell’ex Convento dell’Annunciata, è una ricerca svolta in prima linea da Nausicaa incontrando e intervistando persone giunte in Italia da Paesi diversi.

Il senso del suo lavoro è invitare la popolazione a guardare la propria città da un punto di vista differente, aprendo gli occhi e la mente su una realtà in forte espansione. La crisi europea “dei migranti” ha avuto inizio intorno al 2013, quando un numero sempre crescente di rifugiati ha cominciato a spostarsi da altri continenti verso l’Unione Europea chiedendo asilo politico. Il viaggio attraverso il Mare Mediterraneo, o attraverso la Turchia, mette a dura prova la salute dei fuggitivi, che sono aiutati talvolta da associazioni di volontariato a trovare una sistemazione dignitosa.

L’abitare transitorio diviene la condizione “stabile” di vita di queste persone. Ai migranti è stato chiesto di disegnare la mappa della città dove hanno trovato casa, evidenziando i luoghi che sono soliti frequentare. Il risultato ha rivelato che esistono confini fisici e mentali. L’ambiente lavorativo e famigliare sono i confini fisici, logici e necessari, per la sopravvivenza. Una comunità con lingua, tradizioni e cultura in comune tende a trasformare il quartiere dove approda in un ghetto inaccessibile ad altre etnie. Le mappe mentali raccolte nel libro di Nausicaa Pezzoni rivelano la convivenza di diverse città in una stessa grande metropoli. Ben cento punti di vista sono disegnati in altrettante mappe elaborate da quelli che l’autrice chiama “abitanti senza abitudini”.

Queste mappe appaiono come telai sui quali sono tessute trame costruite con simboli o segni a matita senza regole tecniche di disegno. Fantasia e necessità sono il punto di partenza per reinventare un’esistenza nuova. L’esperienza personale porta alla creazione di una nuova urbanistica, recuperando gli spazi rimasti vuoti da una precedente programmazione della vita cittadina. Quest’abitare transitorio è ormai realtà dilagante. È inutile fingere di non vedere cosa succede nel mondo e intorno a noi. Le guerre non cessano d’esistere e le città apparentemente più serene sono prese d’assalto.

La gente vive stipata in appartamenti sempre più piccoli e la paura di essere sfrattati è in agguato dietro l’uscio. I parcheggi, sempre più scarsi rispetto al traffico automobilistico in circolazione, si trasformano in luoghi di mercato. I mercati diventano luoghi di culto all’aperto. Lo spazio pubblico diventa un luogo dove soddisfare le necessità primarie, come mangiare e pregare. Un insieme di reazioni cognitive, emotive e comportamentali s’instaurano e si susseguono in modo circolare nel tentativo di evitare stimoli percepiti come pericolosi, ma senza trovare una soluzione soddisfacente.

Il piano di urbanizzazione adesso in uso sembra non riuscire a soddisfare il fabbisogno della popolazione in questo momento storico. I luoghi di primo accesso alla città sono organizzati ancora in maniera illogica e inadeguata per soddisfare le necessità dei forestieri. Le informazioni dirette a fornire indirizzi utili per trovare casa o lavoro, luoghi di primo soccorso o farmacie, sono ancora troppo inesatte o la burocrazia è troppo complicata per essere socialmente utile.

“La città sradicata” è l’idea di città attraverso lo sguardo e il segno “dell’altro”. Oramai dovrebbe essere chiaro che abitare mentalmente la città è sentirsi parte del luogo. Laura Cittar