ABBIATEGRASSO – È il 27 gennaio 2017, nell’istituto superiore Bachelet di Abbiategrasso, un professore di filosofia entra in classe chiedendo ai suoi alunni se il Giorno della Memoria non sia diventato un rituale. La classe sembra sorpresa da quella domanda, ma subito si fanno avanti alcuni ragazzi con le loro opinioni. “Ogni anno si ricorda questa tragedia, ma è come se si facessero preferenze sui morti. – interviene un ragazzo – Le vittime della Shoah si ricordano, mentre i morti delle Foibe, dei gulag sembrano morti di serie b”. Un consenso generale conferma tale pensiero e il professore sembra interessato ad approfondire il dibattito. “Più passa il tempo più sembra un fatto lontano da noi. È diventata una tradizione, come il Natale. Ormai anche i musulmani lo festeggiano” afferma una ragazza. Ma tra le voci alcune si discostano, una in particolare anima il discorso: “Ritengo che la Memoria sia un’abitudine positiva. Forma e accresce il rispetto verso la diversità, ti porta ad avere uno sguardo positivo sull’altro. Quando ho visitato Auschwitz – continua facendo un esempio – ho visto tutte quelle vittime soffrire ancora davanti a me. I dettagli di quei luoghi rendevano tutto più vero. Non era più solo una tragedia della storia, ma la morte ingiusta di persone come me”. Prontamente gli altri ragazzi raccontano le proprie esperienze ed emerge l’importanza di una riflessione profonda e non di un minuto di silenzio. Con l’aiuto del professore si prova a trovare un’ipotetica soluzione a questa assuefazione della società e subito sembra necessario trovare nuove fonti e nuove storie, diversi dai consueti film e libri. Prevale l’idea che non ci si debba limitare a ripetere sempre le stesse iniziative, a parlare delle stesse vittime, delle stesse storie. Tra le numerose vittime Etty Hillesum cattura l’attenzione e il sguardo positivo della vita, causato dall’amore per Dio, nonostante la sua situazione di prigioniera ad Auschwitz, sembra la soluzione al problema della Giornata della Memoria. “Trovo la vita così bella e mi sento così felice” scrive Etty nel suo diario. Come molti fatti che causarono la Shoah anche questa frase non trova un senso secondo i ragazzi. Il professore conclude: “La storia è uno scontro tra positivo e negativo, male e bene. Non si risolverà mai. Ci saranno sempre uomini senza scrupoli che seguono i propri ideali e che autogiustificano la violenza delle loro azioni. Il male non si estingue, ma ognuno, nel suo piccolo, può fare un passo verso il bene, il meglio”. Mariza Lakaj