ABBIATEGRASSO – La pioggia il 17 gennaio e il freddo intenso nella giornata di domenica 21 gennaio non hanno impedito a tante famiglie abbiatensi di onorare la figura di Sant’Antonio Abate riunendosi, com’è tradizione da antichi tempi, attorno a scoppiettanti falò.

Le fiamme hanno avvolto la catasta di legna disposta in uno spiazzo erboso nella serata di mercoledì scorso alla Cappelletta di via Stignani e all’oratorio San Giovanni Bosco in San Pietro e nel pomeriggio di domenica scorsa nella parrocchia dedicata al Santo nel rione di Castelletto, dove la Festa Patronale ha visto la celebrazione di vari riti, molto partecipati dagli abitanti del quartiere, ma anche da residenti in altre zone della città.

Durante la recita dei Vespri alle 15.30 in chiesa, con la partecipazione anche di Mons. Innocente Binda, sono stati narrati episodi della vita del Santo, nato nel Medio Egitto verso la metà del terzo secolo da una famiglia facoltosa. Dopo aver provveduto ad assicurare l’avvenire della sorella, distribuì i suoi beni ai poveri e si ritirò a vivere da eremita sotto la guida di un monaco anziano. Passò 15 anni nella preghiera, nella meditazione, nel lavoro manuale e nell’esercizio ascetico, vincendo con forte volontà le terribili tentazioni del demonio.

Nel 285 si addentrò in regioni più desertiche, dove per un ventennio visse solo con Dio. Poi la fama della sua santità attirò molti e il deserto si andò popolando di anacoreti che lo riconoscevano come maestro. Ormai sessantenne, si rifugiò in totale solitudine nel deserto della Tebaide, ma l’amore per la vita eremitica non gli impedì di prendere parte attiva alle vicende della sua Chiesa.

Nel 311 andò ad Alessandria a confortare i fratelli oppressi dalla persecuzione. Due volte, benché vecchissimo, non esitò a portare il suo aiuto al vescovo Atanasio nella lotta contro l’eresia ariana. Morì il 17 gennaio 356 e fin dall’antichità è circondato di grande venerazione in tutte le Chiese, grazie anche alla sua biografia scritta da Sant’Atanasio. Alla fine dei Vespri, si è formata una lunga processione che ha accompagnato la statua del Santo lungo alcune vie, le più vicine alla chiesa. Tornati sul sagrato, don Pierangelo Garavaglia ha benedetto gli animali, molti cani di diverse taglie, condotti dai loro padroni, cui è stato consegnato in regalo un sacchettino di biscotti.

E’ arrivato, quindi, il momento gioioso della festa: tutti si sono recati nel cortile dell’oratorio dove, sorseggiando vin brulé, gustando dolci carsenze e visitando il mercatino benefico, hanno atteso l’istante in cui il fuoco è stato appiccato dal parroco alla catasta di legna.

Le fiamme, dapprima piccole e basse, lentamente si sono fatte più grandi e alte, avvolgendo tutte le fascine, mentre in un’atmosfera di allegria i piccoli si rincorrevano giocando e gli adulti scambiavano quattro chiacchiere con amici e conoscenti. E più di uno avrà desiderato in cuor suo che quello fosse, come ai vecchi tempi nel contado, un rito propiziatorio, sia per allontanare i rigori dell’inverno che per esorcizzare gli eventi negativi dell’esistenza. M.B.