ABBIATEGRASSO – Durante la pandemia di Covid-19 uno dei grandi temi mediatici è stato quello relativo al ruolo degli esperti. In un Paese dove uno vale uno, anche nei casi meno opportuni, le parole degli studiosi assumono un’importanza fondamentale per combattere l’inarrestabile dilagare di fake news e per arginare il caos informativo. Negli ultimi due anni il termine virologo è balzato nella top chart delle parole più pronunciate dagli italiani, anche se, spesso, viene ancora utilizzato in modo scorretto, raggruppando in un’unica definizione virologi, infettivologi, immunologi e via discorrendo. Tra i medici diventati volenti o nolenti superstar televisive, spicca il prof. Massimo Galli, ex primario del reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale Luigi Sacco e Professore ordinario di Malattie Infettive presso l’Università degli Studi di Milano, che oggi continua a occuparsi di ricerca nonostante il suo pensionamento nel novembre del 2021. Il suo contributo a livello mediatico si è distinto per un approccio comunicativo poco avvezzo alle dinamiche sensazionaliste della TV e ciò lo ha portato, nel tempo, ad allontanarsi gradualmente dagli affollati palinsesti delle reti italiane. Ad essere rimasti impressi sono però il suo portamento e la sua competenza, doti che lo hanno reso un ospite particolarmente ambito anche nei contesti scolastici. L’IIS Bachelet di Abbiategrasso ha avuto il privilegio di ospitarlo giovedì 31 marzo, offrendo ai propri studenti una lezione di alto livello sul tema pandemico. “Io speriamo che me la cavo”, il prof. Massimo Galli ha voluto aprire con questa citazione il suo intervento. Il titolo del celebre film della Wertmüller con Paolo Villaggio, nonostante il discutibile italiano, rappresenta con discreta precisione l’approccio di molti governi, tra cui quello italiano, nell’affrontare le riaperture. La situazione epidemiologica italiana non è stata l’unica ad essere analizzata, osservando i dati, il professore ha spiegato le differenze che intercorrono tra noi e gli altri Paesi più colpiti al giorno d’oggi, come la Corea del Sud che sta subendo ora il contraccolpo della diffusione di Omicron. Anche i vaccini sono stati tema di discussione: l’alto numero di dosi somministrate a livello mondiale (11 miliardi) risulta estremamente sproporzionato a livello geografico, molti Paesi asiatici e africani hanno una copertura minima e alcuni dei vaccini utilizzati, ad esempio quelli cinesi e quelli russi, sono poco efficaci e quindi poco costosi. Purtroppo questo tema è stato terreno fertile per numerose teorie no-vax, alcune delle quali hanno anche riscontrato un discreto successo. Una delle più note è quella che classifica i vaccini come “sieri genici” che modificano il DNA umano. Il prof. Galli si è quindi preso la briga, ma non di certo il gusto, di illustrare ancora una volta le evidenze scientifiche che smontano questa bislacca tesi. Quindi possiamo stare tranquilli, se ci vacciniamo non diventiamo OGM. Il prof. Galli ha, infine, detto la sua riguardo alla probabile origine del virus. Vista la grande quantità di specie di mammiferi, specialmente i pipistrelli, che sono portatori di ceppi virali simili, se non identici a Sars-Cov-2, le possibilità che il virus sia arrivato a noi in maniera naturale eccedono di gran lunga quelle che sia uscito da un laboratorio. L’incontro si è concluso con una riflessione generale riguardo alla responsabilità degli esperti verso l’onestà scientifica e professionale che dovrebbe essere scevra da interpretazioni politiche: “In medicina è difficile avere certezze scientifiche, specialmente quando si lavora sul nuovo. Quindi, in questa condizione, abbiamo il dovere della cautela, anche se può diventare scomodo fare il profeta di sventura”. Alessandro Gastaldi