MAGENTA – Bastano due bicchieri di vino al giorno (nella donna) e tre nell’uomo per potere avere dei danni seri a livello epatico. “Fegato, questo sconosciuto”. Potrebbe essere questa la sintesi dell’intervista al dott. Roberto Ceriani, medico epatologo del Centro Santa Crescenzia di Magenta. “Sul fegato – spiega Ceriani – c’è da fare ancora molto, sia sul versante dell’informazione che quella prevenzione. Ci sono diversi comportamenti errati che vengono messi in atto dalle persone in modo inconsapevole. Con la conseguenza che capita, non di rado, di trovarsi di fronte a pazienti asintomatici, ma con una situazione clinica già compromessa”. Il dr. Roberto Ceriani è un consolidato specialista in malattie del fegato, ha lavorato in passato presso la medicina e gastroenterologia dell’Ospedale di Magenta dove è stato collaboratore del prof Ambrogio Cesana. “Quello di Magenta – ricorda – è stata uno periodo certamente positivo, insieme al dottor Franco Bissoli abbiamo aperto gli ambulatori di Epatologia e introdotto la specialità nell’ambito della medicina. Si è trasferito successivamente presso il prestigioso l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, struttura all’avanguardia per la cura e lo studio delle Malattie del Fegato dove attualmente ricopre il ruolo di Responsabile della Sezione di Epatologia”. Il dr. Ceriani ha però continuato a mantenere un legame saldo con il suo territorio dell’est Ticino, attraverso la collaborazione con la struttura sanitaria di Magenta diretta da Andrea Rocchitelli. Il controllo dei livelli degli enzimi epatici, le transaminasi, è un esame condotto frequentemente dal MMG (medici di medicina generale). La loro alterazione che indica un’infiammazione epatica è presente nell’8% nella popolazione esaminata. La causa più frequente è l’epatopatia steatosica non alcolica (fegato grasso) che può interessare il 30% della popolazione generale, altre cause frequenti sono l’epatopatia alcolica, i danni epatici da farmaci le epatiti virali (B e C) e l’emocromatosi genetica. “Quindi, in percentuali significative tra le cause più frequenti di malattia epatica ci sono l’uso di alcool e quello improprio di farmaci”. Ceriani si sofferma proprio su questi due aspetti. Dove, appunto, servirebbe maggiore conoscenza. “I giovani e le donne sono più vulnerabili agli effetti delle bevande alcoliche a causa di una ridotta capacità del loro organismo a metabolizzare l’alcool; anche per le donne in gravidanza consumare bevande alcooliche incide in maniera grave sulla salute del nascituro”. Ma a preoccupare il medico sono anche le nuove leve dove lo “sballo” del sabato sera (ma non solo perché c’è anche il fenomeno degli “happy hour” da prendere in considerazione) può avere effetti devastanti. “Il danno epatico – evidenzia Ceriani – è in proporzione maggiore per chi fa uso di birra e, soprattutto, di superalcoolici. In particolare, l’ultima moda, i cosiddetti ‘shottini’ possono essere mortali, se assunti in determinate dosi. E’ per questo che tengo a sottolineare come quella del bere sia in primo luogo una questione sociale. Senza scordarsi che anche nei soggetti che smettono di bere, la malattia almeno nel 10% dei casi può proseguire”. Nella sua attività professionale, il dott. Ceriani ricorda di essersi trovato di fronte al caso disperato di una giovane per la quale è stato necessario il trapianto di fegato. “Perché in alcuni casi l’uso di alcool è mixato con le cosiddette ‘droghe sintetiche’. In queste situazioni può succedere davvero di tutto, ma quel che è più grave è che molti giovani non si rendono conto dei rischi”. Quella epatica è una malattia subdola spesso asintomatica. Il fegato è il primo organo danneggiato dall’alcool. Il continuo consumo provoca la cirrosi epatica, malattia grave che porta l’individuo alla morte. La terapia può essere il trapianto che se da un punto di vista chirurgico è ormai un’operazione collaudata, dall’altro lato, significa obbligare una persona a vivere tutta la propria esistenza con i farmaci antirigetto anch’essi dannosi. “Ogni anno in Italia oltre 20.000 persone muoiono per cause correlate all’alcool” Le cause oltre alla cirrosi epatica, sono i tumori, l’infarto, i suicidi, gli omicidi, gli incidenti domestici, gli incidenti sul lavoro e gli incidenti stradali (il 40% del totale delle morti per incidente stradale sono dovute all’alcool)” Non meno pericoloso dell’alcool è l’uso (o meglio l’abuso) di farmaci. “Qui – prosegue Ceriani – entriamo in un campo ancora più delicato, perché dobbiamo sfatare anche i luoghi comuni. Per esempio, in pochi sanno che i prodotti di erboristeria come alcuni farmaci ritenuti sicuri e di uso comune possono causare danni alla funzionalità epatica. Per esempio il ‘paracematolo’ (la tachipirina) se il suo uso è prolungato nel tempo”. “Significativi sovradosaggi di Paracetamolo possono causare un epatotossicità tale da mettere in pericolo la sopravvivenza, a livello terapeutico il farmaco puo’ essere responsabile di un aumento delle transaminasi epatiche, un trattamento di 4 gr al giorno (una compressa da 1.000 ogni 6 ore) per una settimana determina incremento delle transaminasi in oltre il 50% di pazienti sani che non assumono alcool. L’assunzione di alcool accentua l’epatotossicità anche per somministrazione di dosaggi piu’ bassi. Pertanto è importante non abusare dei farmaci e attenersi alle strette indicazioni mediche per il loro uso, soprattutto nei bambini”. In chiosa, l’epatologo dell’Humanitas e del Santa Crescenzia ricorda che ci sono anche malattie che possono aumentare le transaminasi con conseguente epatopatia come per esempio la celiachia. Quindi, una serie di consigli preziosi: “Il valore del medico specialista anche per le malattie epatiche è importante quanto le analisi di laboratorio, poiché le analisi stesse da sole non possono bastare per una corretta diagnosi. La conoscenza della storia clinica e delle abitudini di vita del paziente possono fare la differenza”. E sempre a proposito del ruolo del medico Ceriani aggiunge: “Per ogni farmaco occorre mettere sulla bilancia i vantaggi e gli svantaggi. Nel caso delle statine, per esempio, farmaco salvavita, autorevoli studi hanno dimostrato che non solo non fanno male al fegato ma se assunte a lungo, possono avere ricadute positive sulla funzionalità epatica”. Consiglio finale per l’alimentazione quotidiana, cosa si sentirebbe di consigliare ai suoi pazienti? “Il caffè è indubbiamente l’alimento che non fa male al fegato”. A dimostrazione, che al di là dei preconcetti e degli stereotipi, sul fegato occorre ancora, molta ma molta informazione.
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