ABBIATEGRASSO – Nel cimitero della nostra città c’è una lapide che nasconde una vicenda rimasta finora nell’ombra: invece del nome e cognome del defunto, vi si legge solo “Soldato russo”, seguito dalle sigle: “34 FRW – EISB – PI – KP71”. Cosa significano? Se lo è chiesto il nostro concittadino Renzo Sgarella, studioso di storia militare, che in un primo tempo, in base a qualche “si dice”, riteneva che si trattasse di un soldato russo arrivato qui al seguito dei tedeschi come prigioniero e poi datosi alla macchia; sconosciuto l’anno della sua morte, che poteva essere di poco successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale. A seguito di ricerche, Sgarella ha invece appurato che in realtà il personaggio sarebbe stato un volontario (volente o nolente non si sa) al servizio delle unità della Wehrmacht nella 71a compagnia volontari del genio ferroviario. Infatti le sigle presenti sulla lapide sono le abbreviazioni di FEeiWillige EISenBahn PIonier 71 che sono, appunto, le iniziali della sua collocazione in ambito dell’esercito tedesco, probabilmente rilevate sulla piastrina di riconoscimento che portava al collo o indosso, e che furono riportate sulla sepoltura. Non si è potuto appurare invece il significato del numero 34. Se qualche anziano abbiatense ha notizie di questa vicenda, è pregato di prendere contatti con la redazione. Questa l’ubicazione della sepoltura: nella campata “V”, sesto loculo a partire dal basso e settimo da sinistra. La detta campata si trova alle spalle delle cappelle del campo 7. In sostanza: all’entrata si va a destra per il primo ossario e per le cappelle fino alla tomba di Serafino Dell’Uomo: guardando la lapide del fucilato, a sinistra. “La segnalazione di Sgarella – ci dice Mario Comincini – è interessante. Sappiamo ancora poco della presenza dei soldati russi nel nostro territorio. Dopo il 25 Aprile, alcuni erano tenuti prigionieri nel nostro castello e qualcuno, asiatico e di religione musulmana, veniva visto inginocchiarsi nel cortile e pregare in direzione della Mecca. Alla fine del 1944 cinque russi, prigionieri di guerra arruolati nell’esercito tedesco ed appartenenti ai reparti di stanza a Robecco sul Naviglio, entrarono in contatto con la Resistenza e disertarono per far parte della brigata partigiana ‘Ticino’: furono presi in consegna da Riccardo Chiodini, poi sindaco di Ozzero, che li nascose nei boschi del Ticino. Conoscendo Renzo Sgarella e la sua tenacia di ricercatore, sono certo che verrà a capo di qualcosa. Il suo intento, nel caso si scoprisse qualcosa, è di mandare a qualche autorità russa l’esito di queste ricerche al fine di far sapere alla eventuale famiglia dove è sepolto il loro caro”.

Enrica Galeazzi