ABBIATEGRASSO – L’ennesimo episodio di cronaca nera, questa volta ancora più sconvolgente per l’età del protagonista, un ragazzino appena quindicenne che, scoperto dalla madre in possesso di droga, la rincorre con due coltelli minacciandola di morte. La madre riesce a chiudersi in una stanza e a chiamare i carabinieri che arrivano in tempo per scongiurare il peggio. E’ successo ad Abbiategrasso la scorsa settimana, la lite con la madre è scoppiata quando è stato scoperto in possesso di droga, non un piccolo quantitativo di uso personale ma sono stati sequestrati poi dai carabinieri ben 4 kg e mezzo di hashish. Significa che il ragazzo era dedito allo spaccio e di conseguenza in contatto con pericolosi ambienti criminali. Adolescenti sempre più protagonisti di reati, di atti di bullismo, di vessazioni su coetanei o indifferentemente con genitori e adulti verso cui dimostrano cinismo, freddezza, impudenza, una mancanza totale di scrupoli, di umanità, di empatia, di sensibilità. Segnali preoccupanti che ci costringono a riflettere, a chiederci in cosa sbagliamo, quali comportamenti e a quali provvedimenti dobbiamo ricorrere, quali eventuali punizioni e se l’impunità assicurata dalla minore età è una garanzia di cui si avvalgono. Tante domande che giriamo alla dott.ssa Cristiana Clementi, formatrice emotivo-relazionale che lavora con famiglie in difficoltà, prendendo in carico molti adolescenti particolarmente problematici… “Tocco quotidianamente con mano problematiche legate al mondo dei giovani, all’ambito familiare e sociale, all’universo degli adolescenti ed è proprio considerando in una visione d’insieme i diversi casi che mi trovo a trattare, che ho maturato una riflessione: il punto di partenza dal quale affrontiamo questi temi non è quello corretto ed è per questo che non riusciamo a porre in atto interventi realmente efficaci per prevenire e limitare il verificarsi di simili tragedie. Faccio un esempio pratico. Pensiamo al modo in cui oggi vengono presentati, affrontati e sdoganati i sempre più numerosi casi di cronaca che riportano episodi d’inaudita violenza inter-familiare, fatti che io ritengo importanti segnali di un mutamento sociale incalzante. Siamo talmente bombardati da queste notizie, abituati ad assistere a dibattiti, talk show, collegamenti in diretta nelle trasmissioni televisive pomeridiane, che si percepisce ormai quasi una sorta di fastidio nel sentirne parlare. Le notizie ripetitive diventano routine e la routine, oltre a non fare più audience…annoia.  E’ a questo punto che commettiamo un errore: non riusciamo più nemmeno ad accorgerci dell’importanza e della gravità dei piccoli fatti che ci circondano. E’ tutto già visto e sentito. Davanti alla spaventosa atrocità dei fatti di sangue che ci riportano i giornali, siamo quasi contenti che nostro figlio si limiti a fumare una canna, a bere un bicchierino di troppo, a risponderci in modo inadeguato, a passare ore sul divano immerso nel suo tablet, a uscire di casa a tarda notte per andare a ballare e rientrare quando spunta il sole. Non ho mai trovato, nella mia esperienza professionale, un genitore che mi dicesse di essere contento che il figlio uscisse alle undici di sera per andare in discoteca, ma tuttavia non ho trovato nessuno che mi dicesse “Ho detto no”, bensì tutti a ripetere: ”Io sono contrario, ma gli altri genitori lo permettono…”Non è questa la sede per fare un’analisi criminologica, psicologica o psichiatrica sui giovani soggetti che delinquono, ma vorrei riportare un dato interessante: nella fascia di età tra i 18 e i 25 anni, 7 giovani su dieci  sono inconsapevoli della gravità di atti come ad esempio bullismo, cyberbullismo, selfie suicidiari, aggressività nei confronti dei genitori e uso smodato di droghe e non li commentano negativamente. E’ quanto emerge da uno studio effettuato da Eurodap (Associaz. Europea Disturbi da Att. di Panico) e lo definirei piuttosto inquietante. Se a questo dato, che riguarda i ragazzi, aggiungiamo la convinzione di molti adulti che le cose accadano solo ai figli degli altri, e l’atteggiamento di pudore, se non di vergogna, nell’ammettere la presenza di qualche problema all’interno della propria famiglia,  è chiaro quanto diventi difficile mettere in atto le necessarie strategie di aiuto e sostegno alla famiglia stessa. Ritengo quindi indispensabile, come avviene già in molti paesi del nord Europa, fornire una concreta assistenza alla genitorialità fornendo un supporto formativo in primis per imparare a cogliere i segnali di un malessere, di un disagio e successivamente per insegnare alle diverse agenzie educative a gestirlo e affrontarlo nella giusta ottica. Dobbiamo abituarci ad ascoltare i silenzi dei nostri ragazzi, a interpretare non solo i loro comportamenti, ma anche le assenze, le mancanze, le sottrazioni, le anomalie. Davanti a un comportamento “che non va”, non vergogniamoci di evidenziarlo e di chiedere aiuto, non fingiamo che le cose capitino sempre solo agli altri, non sottovalutiamo l’importanza e la gravità dei segnali che i nostri figli ci mandano.  Questi segnali sono spesso ignorati per il timore di non saperli affrontare, ma anche e soprattutto perché il giudizio della gente, fa ancora troppa paura”. E.G.