ABBIATEGRASSO – Luigi Paoli, sinologo, conferenziere e giornalista, grande viaggiatore, appassionato soprattutto dell’Oriente e in modo particolare della Cina dove è stato una ventina di volte, la scorsa settimana ha affascinato gli amici rotariani del Club Abbiategrasso, ripercorrendo una Via della Seta. Per Via della Seta infatti si intendono i diversi itinerari percorsi nell’antichità per gli scambi commerciali tra l’Impero cinese e quello romano. Le vie carovaniere attraversavano l’Asia centrale, da Xi’an fino al Medio Oriente verso l’Occidente. “La Via della Seta, un viaggio dei più interessanti – ha esordito Paoli – ora gli oltre 5.000 km si possono percorrere in poche ore di volo oltre che, come ho sperimentato, su un treno e sul cassone di un camion a contatto della gente. La seta si trova oggi dappertutto, veste le donne di tutto il mondo, in Oriente anche l’uomo la indossa abitualmente. Un tempo non era facile spostarla in Occidente, ci volevano mesi di viaggio, solo per via terrestre, attraversando deserti infuocati facile prede dei predoni. Durante l’Impero Han nel 200 a.C. la seta era l’unico punto in comune con l’Impero Romano. Tra le diverse vie della seta, la più importante è quella che da Xi’an va a Samarcanda per arrivare in Medio Oriente e dal Mar Nero a Trebisonda, arroccata su una montagna, in un deserto che faceva perdere l’orientamento e da cui deriva il detto perdere la Trebisonda…” Il racconto o meglio la voce narrante di Luigi Paoli accompagnava le splendide immagini che lui stesso durante il viaggio ha scattato, immutate da quando la seta veniva trasportata a dorso di cammelli o di yak. Il deserto di Taklimakan, descritto come “un biliardo” da Paoli, è molto esteso e il suo nome significa in lingua Uygur “luogo in cui se entri non ne esci vivo”. Da Xi’an o Sian, inizia quindi questa Via della Seta, da questo luogo dov’è stato ritrovato l’imponente esercito di terracotta, un esercito di centinaia di guerrieri vestiti di tutto punto, con corazze, armi, cavalli e carri a grandezza naturale, ciascuno con un’acconciatura e tratti somatici diversi, un omaggio all’imperatore Qin Shi Huang nel 210 a.C. E poi l’antica muraglia, un’opera imponente di 6.000 km di sabbia compattata nel VI° e VII° secolo a.C. e un’istantanea del fiume Giallo lungo il quale corre in quel tratto anche la ferrovia che a volte le acque ingrossate del fiume invadono e interrompono ma che permettono di coltivare piccole oasi, piccole gemme verdi che spuntano nel deserto. Poi si incontrano monasteri buddisti, nati come luogo non di culto ma come forme di investimento, i buddisti entrarono in Cina nel 400 ca. a.C. e i monaci crearono queste strutture come le grotte di Mogao, templi scavati nella roccia in ognuno dei quali è scolpito un Budda. Segue l’immagine del punto di confine dove si fermavano i cavalli che portavano la seta, punto di scambio con le merci che arrivavano dall’Occidente. E dall’Occidente arrivarono anche i gesuiti come Matteo Ricci. Come tutti gli stranieri avevano dei doveri: imparare la lingua e accettare che l’imperatore era figlio del cielo. Gli stessi gesuiti quando arrivavano rinunciavano agli abiti occidentali, imparavano la lingua, usi e costumi prima di proporre il Cristianesimo. Ricci ebbe l’onore di essere insignito del titolo di Maestro di Corte, l’osservatorio astronomico di Pechino è opera dei gesuiti. E poi la visione della fortezza considerata porta dell’occidente, legata a LaoTze a cui si deve il TAO e altro ancora, come le tracce di oasi scomparse e del lago ‘assente’ che si sposta, gli aneddoti che si tramandano da secoli, il treno che rallenta soltanto e che si deve prendere al volo o lasciare saltando, l’attesa di un passaggio, una piccola depressione che scende sempre più e in cui si trova la città di Turfan. Un ricco racconto che termina col mercato di Kashkar, un’esplosione di colori grazie soprattutto alla seta, un mercato che occupa un territorio pari a 5 o 6 volte l’intera Abbiategrasso, diviso per settori, i più disparati in questa antica oasi, una tra le più importanti della Via della Seta, percorsa con gli occhi e l’immaginazione, secoli dopo dai tanti rotariani, grazie a Luigi Paoli. E.G.
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