MAGENTA – Il tumore al seno è tra le neoplasie più frequentemente diagnosticate nella donna: escludendo i carcinomi cutanei, si stima infatti che nella popolazione femminile circa un tumore maligno su tre (il 30%)1 sia mammario, con un rischio che aumenta al crescere dell’età. Una patologia rilevante per le donne che, secondo le ultime stime disponibili, rappresenta la prima causa di morte per carcinoma nelle diverse età della vita femminile. Ai fini terapeutici, spesso può essere necessario un intervento di mastectomia che prevede l’asportazione, totale o parziale, della ghiandola mammaria. A Magenta, l’Unità Operativa di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell’Ospedale G. Fornaroli, già rinomata per le tecniche innovative adottate nelle patologie della mano e nella chirurgia post-bariatrica, è un centro di riferimento anche nella ricostruzione mammaria a seguito di patologie oncologiche e rappresenta una risposta importante alle necessità di cura delle donne del territorio con una diagnosi di tumore al seno.
“Nei casi di pazienti candidate a interventi di mastectomia, e quindi all’asportazione completa della mammella, la tendenza è quella di intervenire per la ricostruzione in contemporanea con il chirurgo generale” spiega la dottoressa Giulia Giannini (nella foto), specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica e Dirigente Medico presso l’U.O. di Chirurgia Plastica Ricostruttiva dell’Ospedale di Magenta. “La nostra ambizione è migliorare quanto più possibile la qualità della vita delle donne colpite da tumore al seno e, dunque, fare in modo che le pazienti possano uscire dalla sala operatoria evitando la menomazione fisica, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Solitamente procediamo direttamente alla ricostruzione del seno contestualmente all’intervento di mastectomia. Si inserisce immediatamente un espansore mammario, una specie di palloncino, che viene riempito successivamente con acqua fisiologica. A distanza di diversi mesi, si effettua un secondo intervento di sostituzione dell’espansore con protesi definitiva e adeguamento del seno controlaterale: a seconda dei volumi mammari che devono essere rimodellati, si rende necessario eseguire una mastopessi con o senza protesi, oppure una mastoplastica riduttiva o additiva”.
Oggi in Italia la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di tumore al seno è superiore all’85%, una media maggiore di quella europea e con percentuali ancora più elevate per i tumori diagnosticati in stadio precoce. Inoltre, a fronte di un trend di incidenza stabile, la maggiore diffusione dei programmi di diagnosi precoce e i continui progressi terapeutici hanno fatto osservare un calo costante e significativo della mortalità (-1,3% all’anno)1.
L’Unità Operativa della struttura magentina effettua 1.400 interventi e più di 10.000 prestazioni ambulatoriali all’anno; delle operazioni annualmente eseguite, circa 50 sono costituite proprio dai casi di ricostruzione mammaria post-mastectomia. Di queste, solo una percentuale residuale viene effettuata con tecniche alternative alla ricostruzione con protesi. “La ricostruzione con lembi muscolari è sempre una tecnica di seconda scelta”, spiega Giannini. “Si tratta, infatti, di interventi più invasivi a livello chirurgico perché si va ad utilizzare una parte dei tessuti della paziente che vengono ‘trasferiti’ dalla regione addominale o dalla regione dorsale a quella mammaria. Generalmente, si ricorre a queste procedure solo in mancanza di altre possibilità, ad esempio nel caso di pazienti che hanno subìto una radioterapia molto importante, che può aver causato problemi a livello dei tessuti del seno”.
“Il ricovero” continua Giannini, “avviene il giorno stesso dell’intervento. Nel caso di ricostruzione concomitante alla mastectomia, o comunque di inserimento della protesi non definitiva, la degenza è di almeno tre o quattro giorni; i tempi si riducono dalle 24 alle 48 ore al momento della sostituzione dell’espansore con protesi definitiva. Si tratta, in questo caso, di interventi più leggeri e con strascichi minori sulla paziente, ma in entrambe le circostanze il dolore post-operatorio può essere efficacemente gestito con un’adeguata terapia analgesica che può prevedere anche l’utilizzo di farmaci oppioidi. Nel caso di ricostruzione con lembi muscolari, invece, pur rimanendo invariata la terapia farmacologica, il dolore provato dalla paziente nel decorso post-operatorio è sicuramente più complesso da trattare ma la sua gestione rimane un elemento fondamentale: tanto più si riesce a controllare la sintomatologia dolorosa quanto più la paziente, anche da un punto di vista psicologico, avrà migliori tempi di ripresa e potrà tornare a una vita normale”.
Oltre che per la ricostruzione mammaria, la struttura magentina è un centro di eccellenza anche sotto il profilo della chirurgia della mano, sia elettiva sia di traumatologia. Tra le principali patologie trattate vi sono la sindrome del tunnel carpale, il dito a scatto, la tendinite di De Quervain ma anche tutte quelle traumatologie che possono colpire nella quotidianità, spesso a seguito di banali incidenti, e che provocano fratture, traumi complessi, lesioni tendinee e del polso. In particolare, l’Unità Operativa si caratterizza per essere uno dei sei centri in tutta la Lombardia ad applicare una metodica innovativa nel trattamento della sindrome di Dupuytren, una malattia progressivamente invalidante a carico della mano. A queste specializzazioni si aggiungono la chirurgia post-bariatrica e l’interventistica onco-plastica successiva a patologia tumorale di tipo cutaneo.
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