ABBIATEGRASSO – Maroni lo reputa un successo ma per altri politici è un flop, si possono sintetizzare così le diverse considerazioni sul risultato del referendum di domenica 22 ottobre che chiedeva per le regioni Lombardia e Veneto più autonomia, più risorse da gestire in proprio, tenendosi una parte maggiore di tasse pagate dagli abitanti del territorio, per dare loro migliori servizi. Anche la novità del voto elettronico ha suscitato considerazioni opposte, soddisfatto Maroni che la ritiene una prova riuscita da utilizzare in futuro nonostante qualche malfunzionamento e il ritardo nel conteggio dei voti per ‘alcune criticità tecniche nella fase di riversamento dati dalle Voting Machine’, esattamente il contrario di quanto si prevedeva, ovvero che lo spoglio dei voti sarebbe stato rapidissimo. Un referendum che non chiedeva una secessione e non lo Statuto Speciale che garantisce privilegi a diverse regioni ma il ‘federalismo differenziato’ previsto dall’art.116 della Costituzione italiana. Diversi sindaci lombardi anche di centrosinistra hanno aderito, nonostante criticassero la spesa di 55 milioni di euro per il referendum di cui buona parte spesi per l’acquisto dei tablet che dovrebbero andare in dotazione alle scuole. Le polemiche non sono mancate e continuano ma veniamo al risultato, vicino al 40%, un successo secondo Maroni che aveva preannunciato soddisfazione se si fosse raggiunto il 34% dell’affluenza, pari a quella del referendum costituzionale del 2001. L’aver raggiunto quasi il 40% nonostante l’invito a non votare di gran parte del centrosinistra, viene quindi considerato più che soddisfacente. E non c’è dubbio che la maggior parte dei lombardi auspichi una maggiore autonomia dal centralismo romano e che voglia trattenere più risorse che invece vanno a regioni che le sperperano e che lo Stato dovrebbe portare ad autogestirsi meglio, incominciando ad imporre i costi standard così che un servizio abbia un costo medio uguale al nord come al sud. Ora il governatore Maroni ritiene di avere un mandato forte per aprire una trattativa con il governo a cui presentare richieste di maggiore autonomia finanziaria per gestire in proprio vari settori e servizi, di competenza ora statali. Diversa la situazione e il risultato in Veneto che ha osato il quorum, superando abbondantemente il 51% con una linea ultra autonomista che guarda sia allo Statuto Speciale che alla, da tempo sospirata, secessione. Per ora sappiamo di certo solo che l’autonomia è richiesta e auspicata da lombardi e veneti e che l’autodeterminazione, al di là di chi ha proposto il referendum, che rimane strumento privilegiato in democrazia, risulta una scelta democratica. Ora il governo può dimostrare di ascoltare e rispondere a questa richiesta o non farlo e spingere però alla separazione se prosegue a finanziare di più alcune regioni senza limitarne gli sprechi a scapito di regioni più virtuose che, pur continuando ad essere solidali con l’intera nazione, chiedono maggiore equità e la possibilità di spendere in proprio e meglio la ricchezza prodotta. Abbiamo chiesto ad alcuni esponenti politici locali un parere domenica alle 18 durante le votazioni, quando la percentuale era intorno al 30%. Sulla pagina Facebook de ‘L’Eco della città’ le video interviste al segretario locale della Lega Nord, al vicesindaco Albetti di Lombardia popolare pro referendum e a Raffaele Brizio contrario. E.G.