ABBIATEGRASSO –  Ha suscitato tanta commozione la decisione dei giudici della Corte Europea che hanno deciso di accogliere l’istanza dei medici del Greet Ormond Street Hospital di staccare la spina al piccolo di poco più di 3 mesi, affetto da una malattia rara considerata incurabile. A niente sono servite le suppliche dei genitori che volevano portare il bambino negli Stati Uniti per tentare una cura sperimentale, ma i medici, considerandolo  non trasportabile, per non fargli correre  rischi…l’hanno condannato a morte in patria. Difficile non sentire molta pena e vicinanza con questi genitori che, grazie a una spontanea colletta hanno a disposizione 1,3 milioni di sterline, ovvero un milione e mezzo di euro che se non potranno usare per tentare di salvare Charlie, devolveranno a famiglie con situazioni simili. Un bambino desiderato e amato ma sfortunatissimo, non bastava la rara malattia  del mitocondrio, rara al punto che si conoscono solo 16 pazienti in tutto il mondo. Un bambino che i genitori dicono stia lottando per vivere, non in fase terminale nonostante la situazione critica ma che i medici, autorizzati dal tribunale, han deciso di far morire ritenendo che continuare a tutelarne la vita equivarrebbe a un accanimento terapeutico. Ma la commozione, le lacrime, le preghiere, non bastano, in nome della libertà, del diritto di scegliere la morte, rinunciamo alla vita. Dobbiamo rassegnarci a questo? Non dobbiamo forse far di tutto per ritrovare la capacità di indignarci, la forza di reagire, di combattere, di non arrenderci alla condanna di chi è diverso, imperfetto, più fragile? Questa strada porta alla barbarie, chi invoca la selezione naturale della specie e la lotta per l’esistenza che prevede la sopravvivenza del più forte a scapito del più debole, lo dimostra. La grande mobilitazione per Charlie ha convinto a prolungare di qualche ora o giorno la vita di questo bambino, ma forse è stata l’indignazione dei molti inglesi che hanno annunciato che non daranno più un penny all’ospedale che ha sempre beneficiato di cospicue donazioni. Forse ancora una volta è il dio denaro e non altro a spingere a rinviare la condanna a morte, anche se di poco. I genitori infatti hanno implorato altro tempo da trascorrere con il loro bambino, una proroga per accomiatarsi, per vivere momenti da ricordare. Volevano portarlo a casa, fargli un bagnetto prima di metterlo nella sua culla dove si sarebbe addormentato per sempre. Ma anche questo gli è stato negato. Un caso eclatante ed emblematico che sta scuotendo le coscienze, che ha visto l’interveto del Papa che ha invitato a “Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia”. Ma nessun appello è stato ascoltato da medici e giudici, medici che non avendo rimedi scientifici a disposizione, dispongono l’eutanasia e giudici, colleghi di quelli che hanno concesso la semi-libertà a un ergastolano, un pericoloso assassino che ora è in fuga. Per Charlie però, che non può fuggire, non hanno fatto sconti, solo una piccola proroga, qualche ora in più di vita prima di staccargli la spina e farlo morire per soffocamento. Intanto si è saputo di un bambino italiano affetto della stessa malattia che, secondo i medici doveva vivere un solo anno, invece ne ha 9 e vive in provincia di Lucca con i genitori. O invertiamo la tendenza  invece di scegliere la morte, ridando valore alla vita, a piccoli ma importanti gesti come la manina di Charlie in quella della mamma, un pensiero affettuoso, il calore di un abbraccio o ci ritroveremo tra non molto a giustificare che, non essendoci più risorse per pensioni e sanità, anziani, disabili e tutte le persone considerate inutili scarti, sono da sopprimere. Vedi “il protocollo Cazzaniga”,  un folle medico e la sua amante infermiera con delirio di onnipotenza presso il P.S. dell’ospedale di Saronno (poco ‘sicuro’ a quanto pare ma che nessuno ha pensato di chiudere contrariamente al nostro) ne hanno soppressi diversi e in futuro potrebbe perfino diventare  legge, la naturale evoluzione della logica di selezione che ha condannato Charlie potrebbe condannare anche noi. E’ una provocazione la mia, ma siamo sicuri che il disprezzo della vita, a cui assistiamo ogni giorno, non porti a questo?  Enrica Galeazzi