ABBIATEGRASSO – Mercoledì scorso è stato presentato il progetto “Abbiategrasso: comunità amica delle persone con demenza” avviato dalla Federazione Alzheimer Italia in collaborazione con la Fondazione di Ricerca Golgi Cenci, l’ASP Golgi-Redaelli, il Comune di Abbiategrasso, la ASST Ovest Milanese, l’Associazione Italiana di Psicogeriatria (A.I.P.). Abbiategrasso è il primo Comune in Italia “Dementia Friendly Community”, un progetto che in altri paesi, in primis la Gran Bretagna, ha dato già i suoi frutti. “E’ stata lanciata una sfida alla città e Abbiategrasso l’ha colta al volo. – ha esordito il sindaco Pierluigi Arrara in conferenza stampa – Siamo stati scelti come prima città in Italia dove far partire questo progetto che ha lo scopo di diminuire i pregiudizi verso le persone ammalate di demenza, affinché vivano ancora una vita attiva. Comunità amica di persone con demenza significa coinvolgere tutta la città in questo spirito di sensibilità. E’ stata scelta Abbiategrasso certamente per motivi demografici e per la presenza del Golgi, ma soprattutto perché è una città ‘accogliente’ che ha un senso forte di responsabilità e comunità… Il Comune ha accettato questa proposta. L’idea è di fare rete, non solo tra cittadini comuni ma anche commercianti, associazioni, istituzioni per sviluppare una sensibilità, per non lasciare queste persone sole con le loro sofferenze. E’ una sfida per il futuro, per valorizzare la ‘bellezza umana’ di Abbiategrasso, non solo quella paesaggistica…. “ Infine il sindaco ha concluso citando una frase del suo programma elettorale, in cui sognava “una città in cui deboli e forti si sostengano”, un sogno a cui questo stesso progetto mira. Gabriella Salvini Porro, presidente Federazione Alzheimer Italia, ha spiegato come mai è stata scelta Abbiategrasso: “Abbiamo lavorato con la Fondazione Golgi-Cenci per il progetto sull’invecchiamento cerebrale e devo dire che siamo rimasti colpiti per il numero straordinario di persone coinvolte, su una base di 1.700 persone nate tra il 1935 e il 1939, per cinque anni sono riusciti a seguirne 1.300. Noi che lavoriamo nella ricerca, sappiamo bene che questa partecipazione è una cosa ‘miracolosa’. Abbiategrasso poi è una città particolare per il numero incredibile di associazioni volontarie e ha una solidarietà innata. La solidarietà è parte della vita degli abbiatensi. Visto l’entusiasmo con cui è stato accolto quel progetto, abbiamo scelto proprio Abbiategrasso, pensando che qui più che altrove potremmo ottenere quello che in altri paesi è già realtà. In Gran Bretagna, ad esempio, l’associazione Alzheimer ha creato 140-150 comunità solidali, con regole e protocolli. L’idea è che il progetto ad Abbiategrasso diventi ‘pilota’ per l’Italia e internazionalmente. Un corso di formazione è stato richiesto dai vigili… Inoltre è stato studiato, con i malati e i famigliari, un questionario che sarà inviato alle persone con demenze e ai loro famigliari. I risultati li daremo a settembre, nella settimana mondiale dell’Alzheimer, in occasione della quale (il 17 settembre) ci sarà un importante convegno proprio qui”. La parola è passata a Giuliana Bensa, presidente ASP Golgi-Redaelli, che ha sottolineato come il progetto sia “un’iniziativa qualificante per il nostro ente e per la comunità. Il Golgi-Redaelli è impegnato nell’ambito dell’assistenza, della ricerca e della formazione. Questo progetto interessa gli aspetti dell’assistenza e della ricerca. Un’opportunità per qualificare maggiormente le molteplici competenze che abbiamo. Ci piacerebbe che i nostri operatori, qualificati, possano trasferire le loro conoscenze per renderle fruibili a tutta la comunità, così da far diventare i cittadini più consapevoli delle condizioni di bisogno di queste persone, perché si sentano meno sole, meno isolate. E’ un modo per interpretare meglio i bisogni e capire dove intervenire, la dott.ssa Vitale ha contribuito in prima persona alla stesura del questionario. Ringrazio per questa opportunità”. Antonio Guaita, direttore Fondazione Golgi-Cenci, ha aggiunto: “Per noi è un primo importante riconoscimento. La Fondazione ha dato adesione sin da subito a questa iniziativa utile e importante per la città, i cui frutti saranno fruibili anche al di fuori… Le persone con demenza in genere passano i primi 4-5 anni a casa, l’assistenza è a domicilio da parte dei famigliari: la prima parte della malattia, prima del ricovero, viene vissuta all’interno della casa e nella città… Si cambia di continuo, di giorno in giorno quello che si faceva prima non si riesce più a farlo, io la chiamo ‘mini-morte’ che succede varie volte. I famigliari si approcciano per la prima volta alla malattia, gli anziani si sentono sempre più fragili, oggetto di truffe e raggiri…” Il dott. Guaita ha portato l’esempio di un uomo malato di Alzheimer recatosi al pronto soccorso molto agitato, urlava. Il pregiudizio sulla malattia (“urla perché ha l’Alzheimer”) non ha permesso di “vedere” che la vera causa era una lussazione alla spalla. Nessuno gliel’ha controllata. “Disseminare cultura contro lo stigma della malattia… Spesso vengono svalutati i sintomi denunciati. Le cose viste da vicino, conosciute – ha detto il dott. Guaita – sono meno brutte. Alla malattia si può creare attorno il vuoto, ma questo non avviene se c’è una ‘rete’ di persone che possono aiutare. Con questo progetto vogliamo raccogliere dati affidabili e validi scientificamente, vogliamo capire meglio non solo numeri, ma anche sorrisi e lacrime…” “Spesso – ha evidenziato Porro – i famigliari non vogliono essere aiutati ma hanno bisogno di aiuto e non lo ammettono, lo so perché l’ho vissuto in prima persona. Sono cose vere”. Massimo Lombardo, direttore generale ASST Ovest Milanese, ha elogiato il Golgi per il patrimonio di competenze unico in Italia, “come ASST partecipiamo con entusiasmo a questo progetto”. Si è accennato, grazie ad una testimonianza di una dottoressa nel pubblico, a dei corsi di formazione negli ospedali rivolti a tutti gli operatori, anche al personale addetto alla pulizia, sulla malattia dell’Alzheimer per essere più sensibili e saper gestire meglio chi ne soffre. Marco Trabucchi, presidente Associazione Italiana Psicogeriatria, è stato presentato da Porro come medico che “ha sempre trattato il malato di Alzheimer come persona e ha cercato di farlo capire agli altri”. “Questa città – ha detto Trabucchi – è certamente un’area favorevole per questo progetto, anche se inevitabilmente egoismi e chiusura possono talvolta mettere qualche ostacolo. Come società scientifica l’impegno nostro è su due piani: far capire che non c’è uno stigma attorno alla malattia perché è una materia di scienza e di ricerca. Far capire alle famiglie e a chi vive attorno che è una medicina in progresso e chi è al di fuori di questa logica si pone al di fuori dal progresso. E’ un’impresa difficile, che merita di attenzione tecnica adeguata. Ciò che non si misura non esiste, mi disse una volta Guaita. Una frase che mi ha stimolato alla riflessione. Cosa dobbiamo misurare? Bisogna definire i parametri da misurare…Il ‘mi sembra’ non è concepito. E’ chiaro che non tutto è quantitativo, non si traduce in numero… Ma sì in strumenti di valutazione, richiederà un po’ di tempo la ricerca della verifica dei risultati. Ricollegandomi alla frase del sindaco sui deboli e forti che si sostengono, il progetto aiuterà a costruire un’alleanza tra generosi, tra persone che non si arrendono. Se la famiglia che piange sente di appartenere a una rete di altre famiglie, è meno sola. Che la città scopra che suono ha il coraggio, se si hanno orecchie allenate, occhi che guardano e mani sensibili, i forti sentiranno quanto è ‘forte’ il coraggio dei deboli”. E’ stato chiesto cosa, nel concreto, prevede il progetto, è stato risposto che oltre ai corsi per i vigili, ci saranno corsi per il personale della biblioteca, per gli addetti al front office, chi lavora agli sportelli a contatto con i cittadini, chi nei trasporti e poi i negozianti; si sta pensando alle scuole, perché in altri Comuni sono stati realizzati progetti interessanti sull’Alzheimer che hanno coinvolto i bambini. S.O.