ABBIATEGRASSO – E’ la speranza il tema scelto da Comunione e Liberazione della zona di Abbiategrasso per fare memoria di mons. Luigi Giussani a tredici anni dalla sua salita al cielo. Come ogni anno in occasione dell’anniversario della morte del Servo di Dio mons. Giussani, che cade il 22 febbraio, vi saranno delle iniziative per ricordarlo. Domenica 18 febbraio vi sarà un incontro all’Annunziata con Franco Nembrini, insegnante e scrittore, mercoledì al Cinema Al Corso la videoproiezione della Scuola di Comunità con don Julian Carron, sabato 24 febbraio all’Annunziata il Concerto del gruppo musicale CRescendo di Cremona, diretti dal maestro Giovanni Grandi.
Mons. Luigi Giussani, al Meeting di Rimini del 2002 disse: “la speranza è l’unica stazione in cui il grande treno dell’eterno si ferma un istante… Senza speranza, infatti, non esiste possibilità di vita. La vita dell’uomo è la speranza, perché è alla speranza che io invito i vostri occhi a guardare”.
Questo invito viene riproposto oggi e con forza dentro una società che rimane in crisi e che è caratterizzata dal fatto di essere sempre più liquida, segnata da una incertezza che mette in difficoltà tutti. Far memoria di mons. Giussani significa domandarsi come lui riusciva a trovare speranza proprio mentre lui avvertiva i primi tratti della crisi che poi avrebbe colpito il mondo contemporaneo. Famoso è rimasto il suo intervento nel 1986 in cui ha parlato dell’effetto Chernobyl. “È come se tutti i giovani d’oggi – scriveva il fondatore di Comunione e Liberazione – fossero stati investiti da una sorta di Chernobyl, di enorme esplosione nucleare: il loro organismo strutturalmente è come prima, ma dinamicamente non lo è più; vi è stato come un plagio fisiologico, operato dalla mentalità dominante. È come se oggi non ci fosse più alcuna evidenza reale se non la moda – che è un concetto e uno strumento del potere”. E dettagliava: “Quello che si ascolta e si vede non è assimilato veramente: ciò che ci circonda, la mentalità dominante, la cultura onniinvadente, il potere, realizzano in noi una estraneità rispetto a noi stessi. Si rimane cioè, da una parte, astratti nel rapporto con se stessi e affettivamente scarichi (come pile che invece di durare ore durano minuti); e, dall’altra, per contrasto, ci si rifugia nella comunità come protezione”.
Con il trascorrere del tempo quello che allora erano i primi segni sono diventati esplosivi e la vita è diventata sempre più divisa e incerta, come se non si possa trovare più niente di stabile e tutto destinato a finire, anche le cose belle disperse nel nulla. Mons. Giussani aveva intuito cosa stava succedendo, ma già d’allora aveva indicato una direzione da prendere per non soccombere ma per uscire dalla crisi ancor più solidi, ancor più certi del fascino dell’umano. Allora mons. Giussani aveva detto che si poteva ricominciare da un incontro, e tutti possono ricominciare incontraNdo una presenza che prende sul serio il cuore e le sue esigenze. Questo vale oggi, oggi si può guardare con speranza la vita, si possono affrontare tutte le difficoltà che incombono, perchè Dio si ferma ogni giorno alla stazione del nostro cuore e lo rilancia a capofitto dentro l’esistenza. Questa è la speranza, che Dio interviene dentro la vita e la cambia, di questo è stato testimone mons. Luigi Giussani, di questo possiamo essere testimoni gli uni con gli altri impegnandoci con le domande del cuore. Gianni Mereghetti
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