ABBIATEGRASSO – Il 12 dicembre 1969 all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, è stato collocato un ordigno che ha causato una strage: 17 morti e 88 feriti. Le immagini sconvolgenti di come si presentava l’interno della banca dopo l’attentato hanno fatto comprendere, più di ogni parola detta e scritta, che cosa significasse “strategia della tensione” in anni che sono ricordati infatti come “anni di piombo”. Abbiategrasso fu particolarmente colpita perché 13 giorni dopo morì l’agricoltore Angelo Scaglia, della cascina Bellotta, dove con la moglie Maddalena Garzetti e gli 11 figli si era trasferito da Zibido San Giacomo, costretto dall’esproprio per la costruzione dell’autostrada Milano-Genova. E in cascina abita Giuseppe, il più giovane dei suoi figli che abbiamo raggiunto e che racconta: “Avevo 14 anni, quando è accaduto. Mio padre, una figura patriarcale, molto autorevole, percepivo che avesse in pugno ogni situazione. Un dolore atroce, una perdita pesantissima, io vivevo con lui e con la mamma, i miei fratelli erano già tutti sposati, mio padre era il mio punto di riferimento. Ho dovuto crescere in fretta e senza la sua guida per me fondamentale. E’ stata durissima, mi sentivo solo e ho dovuto affrontare tante difficoltà. Al dolore si è aggiunta la delusione, ancora oggi non c’è un colpevole ufficiale, sono rimaste solo delle supposizioni perché non è stata fatta chiarezza. Nessuno si aspettava quello che è accaduto, non c’era la comunicazione che c’è adesso, ricordo che avevamo appena saputo che era successo qualcosa di terribile a Milano, è venuto un conoscente di papà ad avvisarci ma non ha avuto il coraggio di dirci quanto mio padre fosse grave. Sono stato invitato e ho partecipato a molte commemorazioni ma a volte mi sono sentito a disagio, troppo politicizzate, però faccio parte dell’associazione AIVITER, dove mi sento più a mio agio, a cui aderiscono i parenti delle vittime dl terrorismo”. Giuseppe Scaglia e i suoi familiari hanno conservato articoli e testimonianze della strage. Dal Corriere della Sera del 26 dicembre 1969: “Quindicesima vittima dell’orrenda strage. E’ morto il ‘patriarca’ della Bassa, straziato dalla bomba in piazza Fontana. Aveva 11 figli, dopo 13 giorni di agonia, si è spento al Policlinico. Le sue ultime parole: ‘Perdono a quelli che l’hanno fatto, dovevano essere pazzi’”. Più avanti si legge: “Quando l’ordigno è scoppiato alle 16.37 del 12 dicembre, Angelo Scaglia, un bell’uomo alto e forte, si era appena alzato dal tavolo situato al centro della ‘rotonda’ della Banca Nazionale dell’Agricoltura, sotto il quale era stata collocata la bomba, e se ne stava in piedi a pochi passi di distanza. L’onda distruttiva dell’esplosione lo ha investito nella parte bassa del corpo, portandogli via la gamba destra e straziandogli l’addome”. Più tardi, all’ospedale, aveva raccontato: “Ho sentito un rombo assordante e una vampata bruciante mi ha avvolto, sollevandomi e spingendomi lontano. Quando mi sono ritrovato a terra, la gamba destra non l’avevo più. Nonostante l’orrore, il dolore e la vastità delle ferite non ho perso i sensi. Sono rimasto semisdraiato a terra, stringendo con le mani il troncone della gamba amputata dallo scoppio. Sono passati molti minuti, poi qualcuno mi ha soccorso…” Con grande lucidità e coraggio aveva descritto l’immane tragedia che stava vivendo, si è spento pochi giorni dopo, la notte di Natale. Cinque le stragi progettate quello stesso giorno, oltre a quella di piazza Fontana, altre quattro: una bomba è stata trovata in piazza della Scala a Milano e altre tre a Roma. Poi nel 1974 le stragi di piazza della Loggia e dell’Italicus, nel 1980 a Bologna. Anni in cui si sono voluti colpevolizzare soprattutto gli anarchici e la sinistra, l’anarchico Giuseppe Pinelli morì nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969, precipitando da una finestra della Questura di Milano dove era illegalmente trattenuto (lo si legge in Wikipedia) per accertamenti dopo l’esplosione della bomba di piazza Fontana. In pochi credettero a un atto volontario. Andò meglio a Pietro Valpreda, anarchico, scrittore, ballerino, coinvolto nel procedimento giudiziario e poi assolto. Sempre in Wikipedia si legge: “Al termine dell’ultimo processo del 2005 la Cassazione ha affermato che la strage fu realizzata dalla cellula eversiva di Ordine Nuovo capitanata da Franco Freda e Giovanni Ventura, non più processabili in quanto assolti con sentenza definitiva nel 1987; non è mai stata emessa una sentenza per gli esecutori materiali, coloro che cioè portarono la valigia con la bomba”. E’ più che mai comprensibile la delusione di chi ha perso un padre. Un padre come Angelo Scaglia a cui è stata dedicata una via e un monumento all’incrocio tra via San Francesco d’Assisi e via Stignani, la città di Abbiategrasso non lo dimentica. E.G.
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