Un eccezionale “fuori programma” mi porta ad aggiungere qualcosa a proposito della lapide posta dall’Amministrazione comunale di Robecco sul Naviglio presso la cascina Chiappana a ricordo dell’eccidio del 20 luglio 1944. Nel corso della presentazione del libro appunto sulla strage nazifascista del 1944, tenutasi presso il municipio di Robecco il 20 aprile scorso, dopo aver riconosciuto che l’invito a “Perdonare ma non dimenticare”, inciso sulla lapide, è “ovviamente condivisibile nel suo valore universale, tanto che non esiste solo il perdono cristiano ma anche quello laico”, ho aggiunto che l’esortazione, per non restare pura retorica, deve però essere seguita da azioni concrete. E a questo proposito ho espresso il mio stupore per un episodio. Nel gennaio scorso su una testata locale on line seguita da 3.500 lettori, a commento di una recensione al volume un certo Lorenzo Annoni scriveva: “Dopo ben 73 anni ancora a menarla su queste tristi vicende?!? O… non è forse meglio il metterci una pietra sopra?!?”. Seguivano commenti indignati, come: “Stai scherzando, vero?”, “Sono morte delle persone e noi dovremmo dimenticare???? Io non ho parole”, ma anche: “Non ritenete che qualcuno, amministrazione comunale in primis, debba farsi carico di difendere la memoria collettiva con la massima determinazione?”. Annoni tuttavia ribadiva il proprio pensiero, “motivato dalla sincera passione per la Germania (…). A mio parere dalla collaborazione con la Germania può derivare solo un futuro migliore e maggiori occasioni di lavoro qui in Italia. Quindi perché rivangare in maniera così ossessiva fatti sì tragici?”. A quel punto avvisai subito il vicesindaco Barenghi, condividendo la sua preoccupazione per le derive ideologiche che possono portare al negazionismo. Mi assicurò che avrebbe informato la sindaca Barni per decidere sul da farsi. Un’occasione formidabile per dare concretezza al “Non dimenticare”, per difendere la memoria collettiva dei robecchesi e soprattutto per non diventare, col silenzio, complici di chi vuole metterci una pietra sopra. E invece, stranamente: non dico una tacita approvazione, ma comunque una tolleranza, un’indulgenza da parte dell’amministrazione comunale di Robecco. Allora, durante la serata del 20 aprile, ho fatto questa considerazione: “Perdonare ma non dimenticare è solo retorica?”, dopo aver ricordato di aver segnalato a Barenghi che il signor Annoni non è un ignoto cittadino: è un esponente del Nuovo CDU milanese ed è stato un responsabile dell’UDC milanese di cui fu candidato alle elezioni amministrative di Abbiategrasso nel 2012 (preferenze ottenute: zero). Una ragione in più per un fermo – ma oggi dovrei dire: coraggioso – intervento da parte dell’amministrazione Barni. E invece, ripeto, nulla. (Non penso a: “Politico non mangia politico”, ma cos’altro devo pensare?). Quindi, in chiusura della serata, si dava la parola ai presenti e qualche robecchese infatti intervenne (nessuno contro quanto avevo detto), mentre la sindaca Barni e il vicesindaco Barenghi preferirono disertare la discussione senza andarsene. Dopo alcune ore però – ecco l’eccezionale “fuori programma” – la sindaca metteva in Facebook questo commento: “Ho dovuto sentire con le mie orecchie e con tanta supponente saccenza che PERDONARE è OUT… quasi fosse una sorta di pietismo religioso”; a seguire altri, almeno per me, oscuri e inadatti concetti. Se la sindaca non era d’accordo con le mie affermazioni forse per non averle comprese – uno qualsiasi dei tanti presenti quella sera dica se ho negato il valore del perdono – poteva, anzi doveva per la sua carica pubblica, non limitarsi a “sentire con le sue orecchie” ma intervenire in quell’occasione, essendo tra l’altro “in casa sua”, invece di insultarmi poco dopo (insulto indirizzato da un sindaco a un cittadino onorario da lui stesso nominato!) mettendosi sola soletta davanti alla tastiera del computer e ricorrendo all’artificio, abusato in internet ma davvero poco decoroso per un esponente delle istituzioni, di non indicare il destinatario di quell’insulto ma che chiunque avesse partecipato alla serata era in grado di riconoscere. E infatti è stato immediatamente riconosciuto, con sconcerto, da più persone. Da queste informato dell’accaduto, chiesi allora a Barenghi un recapito della sindaca per avere qualche spiegazione a proposito della “supponente saccenza” (fedele alla Crusca, per me preferirei: “saccenteria”) e mi venne fatto sapere che Barni si rendeva disponibile a incontrarmi al chiuso del suo ufficio, per un chiarimento in privato. A mia volta feci sapere che intendevo invece arrivare a un chiarimento pubblico, visto che la sindaca, per esprimere la sua elegante riflessione letta da oltre un migliaio di persone, aveva scelto un social network, strumento perfetto per esercitarsi nello sport nazionale e cioè: “Quando esprimono un’opinione contraria alla tua [ma non è comunque il nostro caso], non discuterla: spara a chi l’ha espressa”. È stato o no un eccezionale “fuori programma”? Mario Comincini
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