ABBIATEGRASSO – Siamo gli ultimi a parlarne e lo facciamo sollecitati da segnalazioni di chi ha già letto su altra stampa. Tutto parte infatti dal consigliere Pd Nicola Capello con delega alla Legalità che posta un commento su Facebook in cui chiama “collusione culturale” la foto di Al Capone, presente in un negozio di barbiere. A sua volta segnala il fatto all’Ascom e a Nando Dalla Chiesa che, presidente onorario di Libera, associazione contro le mafie fondata da don Ciotti, ne scrive in un articolo su “Il Fatto quotidiano” elogiando Capello per la sua attenzione. Attenzione però, definita per esempio da un cliente del barbiere: “Una forma di furia iconoclasta che mi ricorda i talebani, si tratta di un negozio che frequento, con arredamento e atmosfera anni ’30, ci sono foto di protagonisti ed eventi di quegli anni che non significano condivisione ma rappresentano nel bene e nel male quanto succedeva. Dovrebbero forse essere messe all’indice le foto del terribile Pol Pot o quelle del generale Custer per non essere ritenuti collusi con chi ha sterminato gli indiani? Ricordo che negli anni ’30 la verità è che la più grande ‘esportazione’ dell’Italia all’estero era la mafia e che comunque se non ricordo male, Al Capone, morto nel ’47, era stato arrestato non perché mafioso ma perché…evadeva le tasse, usanza ancora molto in auge di cui i politici dovrebbero occuparsi di più…invece di essere così ‘zelanti’ come il consigliere Capello per una bazzecola che per altro gli avevano raccontato…” Per renderci conto di quanto ci veniva riferito ci siamo recati sabato mattina al “Barber Shop” di via XX settembre. L’atmosfera è quella descritta dalle segnalazioni, alle pareti ci sono molte riproduzioni di vecchie foto d’epoca in bianco e nero, ritratti di personaggi, eventi e locali. Il titolare taglia corto: “Ho rimosso la foto quando mi è stato fatto notare, e non l’avevo certo supposto che poteva essere ritenuta offensiva e l’ho sostituita con un’altra. Ritengo che siano foto innocue, sono foto di musicisti, di sportivi, foto di film che riguardano gli anni ’30 e ’40. C’è il bello e il brutto di quegli anni. Mi è sembrata ridicola la cosa, sono contento dei risultati del mio lavoro, mi spiace che il clamore suscitato da questa spiacevole vicenda abbia mortificato e alterato l’attenzione dei ragazzi che collaborano con me e a cui chiedo sempre di dare il meglio, spero sia l’ultima volta in cui ne debbo parlare. Vogliamo ritornare a concentrarci sui nostri clienti che in questi due mesi e su questa vicenda nata su un equivoco che era già risolto, ci hanno manifestato un affetto straordinario. A loro va il nostro grazie, ora si riparte, vogliamo essere un riferimento come barbieri e siamo lieti che il buon senso abbia prevalso”. E.G.
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