ABBIATEGRASSO – L’autore di “Io vivo nell’ombra” il cui nome rimarrà quello che gli hanno dato i compagni del Gis, ovvero ‘Comandante Alfa’, e il cui volto rimarrà, in pubblico, coperto dal mephisto, quel passamontagna nero che lascia scoperti a malapena gli occhi, è da poco andato in pensione ma con molti progetti ancora a favore della collettività. Uno dei progetti per esempio è raccogliere fondi per l’ospedale pediatrico di Castelvetrano a cui donare attrezzature, con questa finalità e per dare voce e rendere omaggio a tutti gli altri che come lui vivono nell’ombra, con la morte sempre accanto, per difendere tutti gli altri e la legge ha scritto il libro. Lo ha presentato mercoledì 13 settembre nell’auditorium di Palazzo Pirelli a Milano, invitato dal consigliere regionale Fabio Altitonante e da Pietro Tatarella consigliere comunale a Palazzo Marino, entrambi di Forza Italia, a condurre l’incontro il giornalista Rai Alan Gard. In anteprima un filmato con imprese spettacolari a cui la finzione cinematografica ci ha abituati, questa volta però non si trattava di scene artificiose, di controfigure, di interpretazione di un copione ma di realtà. Una realtà sconvolgente ed eccezionale ma non per gli uomini del Gis, il Gruppo di Intervento Speciale dei Carabinieri, nato nel 1978, di cui il comandante Alfa è stato sempre protagonista. Una realtà quotidiana per oltre un centinaio di uomini, di ragazzi, che vivono nella segretezza totale, rinunciando al cinema, alla partita, alla discoteca, per addestrarsi, per essere pronti in 30 minuti a partire per una missione che può durare a lungo e ovunque. Pronti a trascorrere giorni e lunghe notti come in Aspromonte quando liberarono Cesare Casella. “I Rambo non esistono- ci ha tenuto a precisare il comandante Alfa – siamo carabinieri che si addestrano in modo particolare, non ho mai portato odio per i criminali che ho dovuto affrontare, nemmeno per quelli che hanno commesso i delitti peggiori, per loro ho sempre sentito solo disprezzo perché non hanno saputo dominarsi e hanno lasciato prevalere gli istinti peggiori. Il nostro compito è neutralizzare la minaccia non giudicare, i Gis non sono giustizieri, le nostre migliori azioni sono quelle che si concludono eliminando un pericolo senza premere il grilletto. Solo una volta mi sono tolto il mephisto durante un sequestro, quando ho liberato una bimba di 8 anni, perché la bambina era spaesata, allora le ho detto ‘siamo carabinieri’, lei mi ha risposto ‘vi aspettavo’, l’ho stretta a me per proteggerla dalla probabile sparatoria, mi vengono ancora i brividi…” Il consigliere Altitonante, notando degli abbiatensi tra il pubblico, gli ha chiesto di raccontare un’azione ad Abbiategrasso riportata nel libro, quando da carabiniere del Gis ha arrestato un mafioso latitante. Un’operazione che ha fatto riaffiorare un ricordo della sua giovinezza. A 11 anni, quello che sarebbe diventato il comandante Alfa viveva a Castelvetrano, aveva voglia di crescere in fretta, frequentava amici più grandi, con più soldi in tasca, di loro si vociferava che fossero figli di mafiosi. Il nonno che non voleva che li frequentasse, gli raccontava storie di coraggio e di onestà, gli regalò un cagnolino che non lo lasciava anche quando si trovava con gli amici che per questo lo prendevano in giro. Convinse quindi il cagnolino Jack ad aspettarlo per strada quando frequentava il gruppo di ragazzi che sfidò in una gara di coraggio: lanciarsi da 20 metri da un ponte nel fiume Belice. Solo lui sostenne la prova provocando l’invidia del gruppo che per ritorsione ridusse in fin di vita il suo Jack e provocando in lui un forte desiderio di vendetta. Il nonno saggiamente lo convinse a non affrontarli, a non frequentarli più e gli assicurò che sarebbe arrivato il giorno in cui i conti si sarebbero saldati. Tanti anni dopo quel giorno arrivò…ad Abbiategrasso quando scovò in un appartamento un latitante, riconobbe in lui il ‘capo’ di quel gruppo di ragazzi che avevano torturato Jack. Il comandante Alfa, tutto vestito di nero e con il volto nascosto dal mephisto, si è limitato ad ammanettarlo in silenzio, pensando però a Jack e alla lezione del nonno, seppure dopo tanto tempo, la giustizia ha trionfato. Enrica Galeazzi