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Il virus e i medici di famiglia. Intervista al presidente Associazione Medici dell’Abbiatense e Magentino dott. Giampiero Montecchio

ABBIATEGRASSO – In questa emergenza secondo il commissario Straordinario per l’approvvigionamento di materiale sanitario domenico Arcuri e il presidente di Fnomceo Filippo Anelli, ora ci si accorge che si è puntato giustamente su ospedali e ventilatori ma si sono probabilmente trascurati i pazienti a casa, invitati a non rivolgersi al Pronto Soccorso ma ai medici di famiglia, rivalutati da quando ci si è accorti che l’anello debole è stata la gestione del territorio, ora infatti si stanno istituendo le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA), per garantire la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero anche in relazione alla necessità di fornire risposte alla popolazione nelle aree in cui l’incidenza dell’infezione è maggiore e in cui medici di medicina generale sono risultati maggiormente colpiti dalla patologia. L’Ats di Pavia ne ha istituite 4 nei territori di Belgioioso,Garlasco, Mortara, Vigevano.  Che realtà stanno vivendo i medici dell’abbiatense? “ Come premessa devo dire che i pazienti affetti da sintomi influenzali rimasti al domicilio non sono stati affatto trascurati, ma fin dall’inizio della pandemia, nel nostro territorio, sono stati correttamente informati di non recarsi in PS per evitare di essere essi stessi contagiati o essere fonti di contagio, ma di rivolgersi al proprio medico di famiglia che attraverso una modalità di triage telefonico sarebbe stato in grado di consigliare la miglior gestione della sintomatologia riferita. L’anello debole della gestione della pandemia non è stato il modus operandi del territorio ma la non ottimale gestione di alcuni casi a livello ospedaliero nelle zone maggiormente colpite dall’epidemia, come ad esempio il caso dell’Ospedale di Alzano Lombardo dove i primi casi di polmonite interstiziale, di probabile eziologia Covid, in una fase ancora non conclamata di epidemia, sono stati trattati in reparti non isolati e poi riinviati a domicilio diffondendo il contagio sul territorio. Inoltre, una volta evidenziata quella eventualità di contagio, non si è provveduto alla chiusura e alla sanificazione dell’Ospedale stesso, come avvenuto invece nel caso di Codogno, per cui l’Ospedale, attraverso anche la positività di molti suoi operatori sanitari, è divenuto fonte di contagio. Sul territorio a quel punto, nelle zone di maggior diffusione dell’infezione (Bergamo e Brescia), l’abnegazione di molti colleghi Medici di Famiglia  li ha portati a gestire al domicilio pazienti fragili, già inconsapevolmente infettati dal virus Covid-19, senza essere protetti dai dispositivi di sicurezza di cui erano sprovvisti e molti di loro si sono infettati e poi anche deceduti in queste settimane di epidemia. Nel nostro territorio, per fortuna, non abbiamo dovuto fronteggiare una situazione ipercritica come quella vissuta, e non ancora terminata, in quelle martoriate zone della nostra regione, per cui i Medici di Famiglia si sono da subito attivati per gestire il territorio nel modo più attento possibile al fine di evitare il diffondersi del contagio (ad esempio riducendo i possibili contatti in studio diluendo le visite fatte solo su appuntamento), ancor prima delle disposizioni pervenuteci dai nostri dirigenti di ATS che ci hanno raccomandato di: ridurre le attività di apertura dello studio al minimo indispensabile (esclusivamente su prenotazione e dopo triage telefonico, riducendo orari e solo per pazienti non COVID, non sintomatici, non anziani/fragili), redigere le ricette con consegna dematerializzata attraverso mail, cellulare o attraverso l’attivazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, dedicare più tempo alla attività di contatto/monitoraggio telefonico che dovrà essere rivolto a: propri assistiti Covid positivi (trasmessi da ATS, curati a domicilio o dimessi da ospedali); pazienti sintomatici potenzialmente Covid (noti al medico) per sorveglianza attiva o predisposizioni certificati INPS; soggetti contatti stretti (trasmessi da ATS) per sorveglianza attiva e predisposizioni certificati INPS; pazienti fragili e cronici (trasmessi da ATS) con indicazioni sui comportamenti da tenere e follow up della situazione clinica ;pazienti non COVID dimessi da ospedale. Inoltre dedicarsi a rispondere a richiesta di pareri, prescrizioni, certificati per pazienti sintomatici, cui fornire indicazioni specifiche legate all’opportunità di isolamento”.  Ci sono tra voi medici contagiati? Avete sempre ricevuto dispositivi di protezione adeguata? “Attraverso questa modalità di lavoro, tuttora in atto, ad Abbiategrasso, ad oggi, pur non avendo ricevuto adeguati DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) quali mascherine FFP3, camici monouso, occhiali etcc, abbiamo avuto fra i Medici di Famiglia un solo di caso di contagio da Coronavirus, ora guarito, e i nostri pazienti sono stati finora monitorati a casa: i casi clinici suggestivi di patologia Covid sono segnalati attraverso l’uso di un portale in rete direttamente connesso alla dirigenza ATS”. Quanto tempo vi serve per stabilire se un paziente con sintomi è positivo? Quando richiedete un tampone o un ricovero ricevete risposte che ritenete adeguate perché il paziente non arrivi ormai troppo tardi in Terapia Intensiva? “Ai pazienti più sintomatici, in caso di aggravamento, provvediamo ad inoltrare una richiesta  di ospedalizzazione nei nostri Ospedali Covid dedicati di Magenta e Legnano per l’effettuazione di un tampone di conferma e l’eventuale ricovero. Ad oggi, a mia conoscenza, non si sono verificate risposte particolarmente inadeguate alle nostre richieste e peraltro non mi sono noti casi di morte di pazienti Covid positivi avvenute al domicilio o casi gravi di non ospedalizzazione. Attualmente anche sul nostro territorio sono state attivate due Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA). A loro spetterà il compito di gestire i pazienti dimessi dall’ospedale ma non ancora guariti che necessitano di cure specialistiche o i pazienti Covid domiciliari che presentano sintomi che necessitano di monitoraggio periodico ma non tali da necessitare un ricovero ospedaliero”. Ritenete di avere a disposizioni farmaci adeguati e in quantità sufficiente? “Per quel che riguarda le cure a domicilio dei pazienti probabili Covid di solito si usa  una terapia sintomatica (paracetamolo), altre terapie, che alcune regioni hanno autorizzato come ad esempio  l’uso off label di clorochina o idrossiclorochina anche per i pazienti domiciliari positivi per Coronavirus con sintomi moderati, ad ora nella nostra regione non siamo autorizzati a prescriverle, anche per i possibili effetti collaterali che al domicilio creerebbero ulteriori problemi di gestione del paziente”. Quanto è sottostimato  secondo lei percentualmente il numero dei pazienti positivi non verificati tramite tampone? “Debbo confermare che i dati ufficiali diramati dalle istituzioni preposte (sia locali, che regionali o nazionali) sono senz’altro sottostimati in quanto si riferiscono in maniera preponderante ai casi Covid  positivi al tampone e quindi i casi che maggiormente hanno avuto necessità di ospedalizzazione. Sul territorio, come già detto, noi Medici di Famiglia abbiamo contezza e vediamo/valutiamo molti casi clinici che hanno sviluppato una patologia lieve o moderata che per fortuna ha avuta una evoluzione non critica tale da richiedere una ospedalizzazione. A questi pazienti, anche non in presenza di un tampone confermativo, abbiamo predisposto  l’isolamento rispetto agli altri membri della famiglia disponendo che il paziente e i famigliari dovrebbero usare mascherina chirurgica e guanti monouso, il paziente dovrebbe dormire in una camera separata e consumare i pasti da solo, anche il bagno, se possibile, dovrebbe essere usato solo dal paziente, e inoltre altre misure da porre in atto come lavare piatti, bicchieri e posate usate dal paziente separatamente con acqua calda e detersivo e  sanificare le superfici inanimate. Per ultimo mi preme ricordare che una grande percentuale di popolazione si farà un’infezione da Covid in forma inapparente (asintomatico) o in forma lieve (paucisintomatico) ma che sarà in queste fasi, inconsapevolmente, possibile fonte di contagio. Pertanto nelle poche uscite di casa, in cui saremo costretti a farlo, sarà importante l’uso della mascherina chirurgica che preserverà gli altri da un nostro inconsapevole contagio. La mascherina chirurgica dovrebbe essere usata anche sovrapposta alla mascherina FFP2-3 perché il filtro impedisce l’entrata del virus ma non la sua eventuale uscita in caso di soggetto infetto asintomatico”.  Enrica Galeazzi

 

 

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