ABBIATENSE – Come stanno in salute le imprese del territorio? Ne parliamo con Umberto Cereghini, imprenditore di Robecco sul Naviglio, presidente di zona di Assolombarda che ne rappresenta ca. 500 sparse in una trentina di Comuni dell’abbiatense e magentino. Gli chiediamo di fornire ai lettori dell’Eco della città, un quadro della situazione in un momento particolarmente critico e delicato della riapertura dopo il lockdown. “In questo momento praticamente tutte le aziende del settore manifatturiero sono operative, molte in verità non si sono mai fermate. Si stima che in Lombardia circa il 25% delle attività siano rimaste funzionanti , anche se in forma parziale, in quanto facenti parte dei servizi cosiddetti essenziali ovvero facenti parte delle cosiddette filiere di prodotto, concetto purtroppo ignoto a coloro che ci governano. Ma cosa non hanno dovuto fare molte di loro per poter tornare almeno in parte operative durante quei giorni… Comunicazioni (reiterate) alle Prefetture ed alle Camere di Commercio, in un clima surreale da santa inquisizione semplicemente per far capire che senza il proprio contributo altre aziende (ritenute appunto essenziali) avrebbero fermato le loro produzioni. E solo con il 4 maggio praticamente tutti hanno potuto tornare al lavoro. Ma ciò purtroppo non significa che tutti i lavoratori siano tornati al proprio posto, quand’anche con la modalità dello smart working. Quasi nessuna impresa ha infatti potuto utilizzare appieno il proprio organico così come nessuna può fare a meno della cassa integrazione vista la situazione creatasi. Oggi non c’è davvero nulla di rassicurante, anzi… direi che le preoccupazioni la fanno decisamente da padrone. Di fatto la cosiddetta fase 2 non è partita male bensì malissimo! Per settimane noi di Assolombarda e di Confindustria abbiamo chiesto al Governo delle linee guida ben precise per la ‘riapertura’, purtroppo da Roma sono giunte solo indicazioni di facciata, pressapochiste e generiche. In sostanza un silenzio assordante, forse perchè davvero non sapevano come comportarsi e a dimostrazione che questo Governo non ha mai avuto idee precise, un piano operativo da seguire, l’umiltà di ascoltare e una strategia volta a portarci in maniera efficiente ed efficace fuori dall’emergenza. Un’emergenza che da sanitaria è diventata emergenza del sistema sanitario nazionale e, facilmente prevedibile, emergenza economica”. Quali sono gli aiuti programmati dalle istituzioni, cosa serve e cosa manca? “Attualmente molte imprese non hanno ancora ricevuto quei finanziamenti promessi con le garanzie statali, in molte non hanno nemmeno potuto anticipare la cassa integrazione ai propri collaboratori e sono in grave difficoltà e ritardo con i pagamenti dei fornitori. Innestando così una pericolosissima spirale che rischia di affossare quelle realtà che a fatica stavano uscendo dalla crisi precedente. E’ stato chiesto di tagliare l’IRAP per il 2020 e di utilizzare i fondi del MES (al tasso d’interesse dello 0,1% !) per le spese sanitarie per cui i fondi IRAP vengono normalmente destinati alle regioni. E’ stato chiesto di pagare i debiti della pubblica amministrazione (circa 50 miliardi) per dare liquidità e respiro alle aziende creditrici nei confronti dello Stato. E si auspicava l’immediata ripartenza dei cantieri per cui i fondi sono già stati da tempo stanziati e per dare nuove opportunità di lavoro. Di tutte queste cose è arrivato poco, ma invece non sono mancati gli sperperi a pioggia di quei pochi soldi rimasti. Un’inutile distribuzione di mancette a mo’ di prebende elettorali per far vedere che lo stato non lascia indietro nessuno. Purtroppo invece sta affossando tutti!” Quali le prospettive e gli scenari possibili? “Gli scenari sono davvero cupi e senza significativi cambi di rotta stiamo rischiando grosso. Le aziende manifatturiere a fine maggio si ritrovano con riduzioni di fatturato rispetto allo sesso periodo del 2019 di almeno il 30% – 40%, e nei casi più gravi anche del 50% e oltre. Chi cominciava ad accusare i primi sintomi di una nuova recessione la vede dura e la chiusura dell’attività non è un’ipotesi tanto remota. C’è senz’altro chi sta peggio, altri settori davvero affossati da questa tragica situazione: ma certo non possiamo dire che mal comune mezzo gaudio! Sembra che nessuno di chi deve prendere le decisioni a livello istituzionale sia davvero consapevole della realtà che stiamo vivendo. E’ stata barattata la salute nei confronti della malattia senza pensare che la salute non dipende solo dalla capacità di sconfiggere una malattia. Come sempre gradiremmo vedere degli statisti, non dei miracoli. Ma proprio non c’è verso per questo paese di trovare uomini che prendano decisioni e iniziative di buon senso… Per il futuro, per il presente direi, servono provvedimenti immediati volti alla salvaguardia delle attività produttive e commerciali giacché non la si vuol proprio capire che il lavoro non si crea per decreto. Non servono mancette quali i bonus monopattino o quello per le vacanze, bensì investimenti volti a far crescere il paese dove abbiamo i maggiori gap da colmare nei confronti dei nostri competitors stranieri. Perchè senza le nostre aziende non vi sarà il mantenimento dei posti di lavoro ovvero la riduzione della disoccupazione che si annuncia pesante con la fine dell’estate. E bisogna investire in quei settori in cui si può costruire ricchezza ed occupazione e smetterla di sperperare risorse in spese improduttive e assistenziali quali reddito di emergenza e di cittadinanza che costruiti nella forma attuale rappresentano solo spesa corrente che non ci possiamo più permettere; ma anche come l’inutile ennesimo salvataggio di Alitalia che gestita con gli stessi criteri usati sinora è destinata a drenare nel futuro ulteriori risorse dei contribuenti. Dobbiamo ricostruire quel PIL che consenta di ripagare i debiti contratti e possa permettere al paese di tornare a quella dignità che merita all’interno di un contesto internazionale in cui, con le nostre capacità, abbiamo sempre occupato un posto di tutto rilievo. Le somme che l’Europa potrà concederci dovranno tassativamente essere destinate allo sviluppo e alla crescita: non ci sono ricette magiche, i discorsi di circostanza e da campagna elettorale devono finire. Perchè solo spendendo il denaro per svilupparsi sarà possibile costruire una nuova ricchezza, e solo allora questa potrà essere utilizzata per il bene di tutti i cittadini”. Enrica Galeazzi