L'eco della città

Proust, uno scrittore alla ricerca del nostro tempo perduto

 

 

 

ABBIATEGRASSO – Mercoledì 6 marzo, la Sala Consiliare del Castello Visconteo ha ospitato la docente di Letteratura francese dell’Università Cattolica di Milano Marisa Verna, studiosa esperta di Marcel Proust. Allo scrittore francese è stata infatti dedicata la conferenza organizzata dall’associazione culturale UrbanaMente dal titolo “Proust: tempo dello spirito, tempo della vita”.

“Il tempo di Proust è un tempo interiore”. Con queste parole il sindaco Cesare Nai ha salutato e ringraziato UrbanaMente e i presenti, dando il via alla conferenza, seguita con attenzione e coinvolgimento come i molti interessati accorsi all’evento. Una breve presentazione delle ragazze dell’associazione ha introdotto l’argomento della conferenza. La professoressa ha per primo disegnato un ritratto dello scrittore francese e del contesto culturale e sociale di inizio ‘900, raccontando di come Proust si sia lasciato morire solo dopo aver terminato il suo lavoro; completando il suo libro “Alla ricerca del tempo perduto”, lo scrittore ritenne terminato il suo compito, la sua missione, avendo messo sé stesso e i suoi ricordi all’interno delle oltre 2.000 pagine, non aveva altro da poter aggiungere. La docente Verna ha spiegato la sua visione di Proust, che cosa intendesse con “La Recherche”, quale compito considerò terminato alla fine della stesura, perché nonostante tutti i problemi, malattie, nevrosi, impedimenti fisici, si costrinse ad anni e anni di lavoro, centinaia di notti insonni. Qualcuno scrisse che Proust fosse diventato nient’altro che “Una mano che scrive”, tanto il letterato francese si concentrò e confuse con l’opera.

Il tema dominante è certamente il tempo, ma quale tempo perduto? Quello perso distrattamente, le cose dimenticate, il tempo perso leggendo o addirittura scrivendo? Qual è il senso dell’opera, l’intento? Lo scopo di Marcel Proust è quello di mostrarci quanto il tempo sia relativo, mettendo la relatività di Einstein in letteratura, ci mostra quanto noi siamo i nostri ricordi, di come il tempo passato sia in realtà presente e vivo in noi. Siamo fatti di memoria. La professoressa ci regala un’immagine descritta da Proust: “Camminiamo tutti sui trampoli della nostra memoria fatta di tempo perduto e ritrovato”. La missione di Proust altro non fu che renderci partecipi dei suoi ricordi, del suo passato, delle sue emozioni e di come queste sfondassero il muro del tempo passato (creduto perduto) ed esplodessero nel suo presente, bastasse anche solo una madeleine nel tè, tutto questo per spingerci a vivere e rivivere con i nostri ricordi, con ciò che crediamo perduto e in realtà è solo nascosto da un velo sottilissimo che un’emozione, un profumo, una musica possono alzare e riportarci nelle strade della nostra infanzia, tra le braccia di una madre, stretti alla mano di un nonno, a passeggio per le strade di un paese che forse non c’è nemmeno più, se non nei nostri ricordi, nella nostra memoria, cioè in noi.“ LaRecherche” potrebbe appartenere a diversi generi letterari, saggistica, romanzo storico, dissertazione filosofica o scientifica, quello che spicca però è certamente il tratto  autobiografico. Questo crediamo sia sostanzialmente l’opera di Proust, un percorso di conoscenza dell’autore e sull’autore, pur non essendo Marcel il protagonista del volume, il personaggio pare raccontarci dello scrittore più di qualunque altro studio, i suoi interessi, le sue fobie, le sue emozioni, i suoi ricordi. La professoressa Verna ha evidenziato gli spunti scientifici dell’opera di Proust. Al di là del tema portante, la relatività del tempo e di come “un’ora su di un calorifero bollente ci apparirebbe infinitamente più lunga dello stesso tempo passato con la fidanzata”, la professoressa ha parlato anche delle considerazioni del genio francese sulla quarta dimensione, questo uno dei passaggi più interessanti, inserita nella parte finale dell’opera, durante una festa, osservando gli invitati e le loro metamorfosi sociali nel corso del tempo: “Li vedevo e sembravano bambole immerse nei colori del tempo, che occupavano non solo le tre dimensioni di spazio, ma anche una dimensione in più: il tempo immenso che si portavano dietro”. Concludendo la conferenza la docente Verna ha ribadito il senso dell’opera e il suo valore, tale da  consentire a chi leggesse dei viaggi mnemonici di Proust di ritrovare ed esplorare la propria memoria; e questi sono gli unici modi per recuperare “il tempo perduto”, scrivendone o leggendone…
“Io voglio che il mio libro sia come un telescopio, come un paio d’occhiali in cui le persone guardano e dicono: si, è proprio così!” Luca Cianflone

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