ABBIATEGRASSO – Ennesima sorpresa regalataci da Iniziativa Donna e le loro Domeniche Letterarie, che ormai, proprio come quel libro che amiamo tanto, non vorremmo finissero mai.
Domenica scorsa appuntamento con l’autore Paolo Valentino e il suo romanzo “Tu Salvati”, presentato al Castello Visconteo insieme ad Ivan Donati. Nonostante la pioggia, molti i lettori che hanno ascoltato e domandato con partecipazione. Abbiamo intervistato l’autore Valentino.

Come e quando ha deciso di fare lo scrittore?

“Ho deciso di scrivere quando ero sui banchi di scuola alle elementari, ero un bambino timido e inventavo delle storie con i nomi storpiati dei miei compagni; ero molto chiuso, balbuziente e non socializzavo molto, quindi quello era un modo per entrare in relazione con gli altri ragazzini. La scelta invece di pubblicare è arrivata durante il mio percorso lavorativo nel mondo del libro, è stato direttamente Antonio Riccardi, ex direttore di Mondadori, che dopo avermi conosciuto come ghost-writer mi ha chiesto se avessi una storia tutta mia da raccontare, così è nato il mio primo libro. Ho iniziato occupandomi di giornalismo locale nella mia zona (alto mianese), poi sono entrato nel mondo nel libro facendo il correttore di bozze, editor, scrittore di libri per bambini, eccetera, un percorso che, riconosco, mi è servito molto”.

Quali sono i suoi modelli letterari? Quale libro l’ha più segnato e quale avrebbe voluto scrivere?

“I miei modelli restano quelli dei libri che ho letto quando ero ragazzo, quelli che mi hanno accompagnato e ispirato fin da piccolo. Un modello su tutti è sicuramente Stephen King e il suo thriller ‘It’; un libro però che mi ha segnato profondamente è ‘La Storia’ della Morante”.

Questo è il suo secondo romanzo, come lo racconterebbe in poche parole?

“E’ la storia della rinascita di alcune persone dopo un evento tragico come può essere il suicidio di una ragazza di 17 anni. Tutto questo accade nelle prime pagine quindi non rovino nessun colpo di scena”.

Com’è nato e quanto ci ha messo ad elaborarlo?

“E’ nato nel momento in cui ho terminato il primo romanzo; ogni volta è come se chiudessi una storia ed avessi svuotato un po’ il cassetto; ho pensato che per un po’ non avrei scritto, in realtà sono subito ripartito con un’altra storia. E’ stata una scrittura un po’ travagliata perché il libro è nato 3 volte: la prima volta dalla prospettiva di due adolescenti, la seconda di una professoressa e la terza è stata finalmente quella buona, il risultato finale; è venuto un romanzo corale, sono riuscito a far dialogare, confrontare e rispecchiare gli adulti con i giovani. Avvertivo mi mancasse, sia nella prima che nella seconda, il vero confronto fra più generazioni. Devo dire di averci messo molto poco, avendo una tempistica e la storia sviluppata in mente, la stesura è durata poco più di 4 mesi”

Quanto c’è di lei in quest’ultimo lavoro? Si rispecchia particolarmente in un personaggio?

“In ogni libro c’è qualcosa di chi lo scrive e in quest’ ultimo lavoro diciamo che la mia personalità si disperde in diversi personaggi. È ovvio che lo sforzo sia stato quello di tornare il più possibile in quello stato d’animo, per quanto doloroso possa essere, quindi sicuramente di me in questo libro c’è l’emozione dell’adolescente che sono stato, quella fragilità e quella forza. Parlando dei personaggi, forse Davide è quello che mi potrebbe somigliare un po’ di più, comunque c’è un po’ di me in tutti i soggetti, una sorta di mosaico”.

A chi è dedicato il libro?

“Questo libro lo dedico a tutte le donne; è un libro in cui parlo di loro, spero di essere stato un oratore sensibile, raccontando un mondo di donne. Lo dedico a tutti quelli che credono che scoprire la propria fragilità e i propri difetti siaun punto di partenza, a chi non pensa che per vivere bene bisogna essere un superuomo, lo dedico alle persone che ammettono di essere deboli qualche volta.
Lo consiglierei ai lettori dai 15 anni in su, quindi anche e soprattutto agli adolescenti; è un libro che porterò nelle scuole perché potrebbe essere utile per far dialogare le generazioni. Agli adulti farà ricordare quelle emozioni che da ragazzi provavano e quindi capire maggiormente i giovani, invece vedere la fragilità degli adulti sarà importante per far capire agli adolescenti che non sono soli con le loro paure, spesso si sentono unici al mondo con i loro problemi, in realtà non lo sono, molti adulti ci sono passati, quindi il condividere le loro esperienze, sapere che qualcun altro ha già affrontato e superato determinati passaggi, sono sicuro potrebbe essere utile per affrontare con meno paure gli ostacoli che la vita pone davanti”. Luca Cianflone