ABBIATEGRASSO – Mercoledì  scorso la Consulta sull’ospedale ha incontrato il direttore generale dei 4 ospedali dell’Asst ovest milanese di cui il Cantù fa parte che è intervenuto accompagnato dal direttore sanitario Candela e dalla direttrice socio-sanitario Monolo. Al d.g. Odinolfi è stata proposta una diretta video dell’incontro per dare la possibilità di interpretazioni dirette e non solo attraverso le versioni dei giornalisti presenti, ma ha rifiutato. Gli è stato ricordato che ci si era lasciati il 29 maggio scorso con la sua dichiarata disponibilità a fare un percorso insieme con incontri da programmare in cui riferisse quanto fatto per ripotenziare l’ospedale e preparare la riapertura del P.S. di notte come indicato dalla politica regionale nella delibera del 7 maggio scorso, gli si è quindi chiesto cos’è stato fatto finora.  Chiara la risposta: “Non posso decidere io perché è una decisione politica che presuppone preparazione e disposizioni. Mi ero impegnato a non far arretrare le attività esistenti presso l’ospedale di Abbiategrasso, i dati dicono che le prestazioni sono aumentate. Non c’è stata nessuna dismissione di personale, semmai non siamo riusciti a sostituire il personale andato via. Ho richiesto per il Cantù 20 posti letto per la cronicità oltre che attività ambulatoriali. Mi impegno per un progetto sostenibile per il Cantù, la riapertura del P.S. di notte la tengo sullo sfondo. Si dovrà preparare un nuovo Poas (Piano di progettazione che indica il futuro dell’ospedale) ma non vuol dire che il P.S. si riaprirà di notte se non ci sono predisposizioni. Servono modifiche al famigerato DM70”. Esternazioni che hanno provocato diverse domande da parte di alcuni componenti della Consulta a partire dal cons. Finiguerra che ha fatto presente che si ribadisce che la decisione è politica e che il tecnico Odinolfi è incaricato dall’ass. Gallera, ma che la politica sanitaria non dovrebbe rispondere solo a logiche aziendali, tanto più quando il Consiglio Regionale ha votato di riaprire il P.S. e ripotenziare. Una delibera importante, frutto della mobilitazione popolare che con firme, presidi, manifestazione sotto al Pirellone e  il nuovo Poas dovrebbe essere coerente con questa delibera, una decisione politica già assunta. A questo punto è stato fatto presente  dal cons. regionale Mammì (M5S), autore della mozione da cui è scaturita la delibera, che il verbo “impegna la Giunta” è stato sostituito con “invita” e che c’è stato ancora una volta un rimpallo con il Ministro che, secondo Regione Lombardia, dovrebbe dare una Deroga ma come aveva già risposto il precedente Ministro della Salute, Giulia Grillo, la Deroga non serve perché ogni Regione è autonoma in questo. Il consigliere di Morimondo Donato Bandecchi ha ribadito che l’ospedale Cantù rispondeva a tutti i requisiti del DM70 tranne che per il dato costruito degli accessi al Cantù. “Dato altrove irrilevante e che fa specie che di fronte a una delibera del Consiglio regionale di riapertura si vada nella direzione opposta. Esempi di deroga in Regione Lombardia senza chiedere nulla al Ministro ce ne sono stati diversi, il territorio chiede ciò di cui ha bisogno e riceve un cronicario?”Al d.g. Odinolfi  sono state fatte presenti diverse problematiche che necessitano soluzioni  proprio perché è stata fatta mancare la sicurezza, tra gli esempi il reintegro del radiologo di sabato e domenica come il laboratorio analisi e soprattutto l’anestesista h 24. Odinolfi ha detto chiaramente di dover rispettare le direttive dell’ass. Gallera  e ha anticipato che lunedì 18 parteciperà ad un incontro in cui l’assessore comunicherà gli indirizzi della politica sanitaria regionale per il 2020. Ha detto di non sapere nulla delle voci sull’intenzione di chiudere i P.S. di Abbiategrasso e Mortara anche di giorno, ha assicurato di avere ottime idee per Abbiategrasso ma che, da pragmatico, intende parlarne solo quando saranno attuabili. Un incontro utile per avere ancora più consapevolezza che, se non vogliamo perdere per sempre anche l’ospedale, dobbiamo fare ancora di più per far sentire la voce di 85.000 abitanti di un territorio finora non ascoltato da chi governa la Lombardia. E.G.