ABBIATEGRASSO – Dopo l’acceso dibattito in Consiglio Regionale dove è approdata la mozione del cons. Fabio Altitonante (FI) che chiede la riapertura del P.S. notturno del Cantù, la presa di posizione negativa dell’ass. Gallera (FI) e l’intervento favorevole alla riapertura del sen. Mantovani, si sono riaccesi i riflettori sul futuro del nostro ospedale. Un futuro che prospetta sì il potenziamento di alcune specialità ma ambulatoriali, cure riabilitative e afferenti alla cronicità a scapito di altri comparti. Per gli 11.000 cittadini che hanno aderito alla raccolta firme del Movimento del Cittadino Malato e le molte associazioni partecipi, si è aperto concretanmente uno spiraglio soprattutto per le parole con cui il sen. Mantovani chiudeva il suo intervento, pubblicato la scorsa settimana: “,..il presidente della Regione, Roberto Maroni, è assolutamente disponibile a riaprirlo. Pertanto, dobbiamo creare le condizioni perché questo avvenga. Ed è possibile farlo. Come? Con gli strumenti della buona politica, non servono trucchi o altro”. Tra gli abbiatensi che si sono dati più da fare per P.S. e ospedale, non candidati alle prossime elezioni e quindi non imputabili di strumentalizzazione elettorale, il dott. Angelo Ceretti e l’imprenditore Marco Scotti. Entrambi organizzatori con l’ass. Promuovi Abbiategrasso del primo dibattito pubblico, molto partecipato, sul futuro dell’ospedale che si è tenuto in Castello nel 2016 con il neo Direttore Generale Massimo Lombardo. Marco Scotti che per primo è intervenuto per esprimere la sua preoccupazione per le sorti del Cantù ora dice: “All’origine c’è la spartizione politica che ha portato a un azzonamento non pertinente alle caratteristiche del territorio ma rispondenti a delle logiche di ripartizione. Mi sembra chiaro che la nostra area sia stata data a Lombardia Popolare che corrisponde al ministro Alfano, siamo diventati un feudo politico e diventa difficile cambiare questa ‘costruzione’ perché significa smontare il puzzle degli equilibri di potere. Ad Abbiategrasso è stato assegnato come punto di riferimento l’ospedale di Legnano, lontano da un punto di vista geografico, culturale, organizzativo, irraggiungibile con mezzi pubblici. Questa la situazione in cui ci hanno messi, poiché manchiamo di referenti qualificati politicamente rispetto al magentino. Siamo pigmei con archi e frecce contro un potere di fuoco che non ha tenuto conto delle esigenze del territorio dell’abbiatense né della mobilitazione della gente che c’è stata e come. Ci hanno risposto con tecnicismi organizzativi, paventando problemi di sicurezza quando invece ce li ha creati innanzitutto la chiusura del P.S. Prendo atto del rapporto contrattuale-conflittuale con la nuova dirigenza e ritengo che l’ospedale di Legnano utilizzi il numero degli oltre 80.000 abitanti dell’abbiatense per mantenere dimensioni con primariati di cui in realtà i pazienti di questa zona non usufruiscono, in quanto costretti a rivolgersi ad altre strutture più vicine e raggiungibili con i mezzi. Propongo per l’abbiatense con il ritorno anche di Trezzano e Corsico, un diverso azzonamento che faccia riferimento al nuovo plesso che convoglierà gli ospedali S.Carlo e S.Paolo in zona S. Cristoforo raggiungibili anche in treno in una decina di minuti”. Il dott. Angelo Ceretti interviene con un punto di vista più tecnico: “L’investimento in tecnologie di altissimo livello e i 30 milioni spesi non devono finire in un megaambulatorio come delineato dal POAS, quindi inadatto ad affrontare urgenze ed emergenze diurne e notturne della popolazione anziana, fragile e instabile dal punto di vista clinico che ha bisogno di ricevere in tempi rapidi e appropriati ed il più vicino possibile al luogo dove questo evento improvviso si dovesse manifestare: domicilio, RSA, IDR Ospedale stesso durante la degenza per altre cure… Quindi il P.S. con rianimatori e specialisti h24 sono utili ad affrontare l’invecchiamento della popolazione, nuova emergenza epocale. E’ assurdo trasformare l’ospedale in un poliambulatorio e in una fisiatria quando la Regione Lombardia prevede che queste attività vengano affidate a strutture convenzionate che costano al giorno 200 euro contro gli 800/1.000 euro di un posto letto in ospedale. E’ altrettanto assurdo l’impiego improprio di sale operatorie super tecnologiche solo per interventi di complessità di tipo ambulatoriale Non avere anestesisti, chirurghi presenti h24, che si affiancano alla tradizionale medicina vuol dire dover spostare pazienti e famigliari in altri nosocomi con i conseguenti pericolosi ritardi e disagi. Le risorse vanno ridistribuite secondo bisogni e dimensioni territoriali, perché per esempio la scelta di 2 cardiochirurgie nel raggio di 10 km. a Legnano e a Busto Arsizio? Perché lasciare il nostro vasto territorio sprovvisto di P.S. e delle opportune capacità di intervento? Intanto apprendo che vengono stanziati altri 18 milioni di euro per il Fornaroli di Magenta ‘per creare un ospedale modello’ proprio come promettevano che sarebbe stato il Cantù”. E.G.