L'eco della città

“Onibaba, il mostruoso femminile nell’immaginario giapponese”

Onibaba

Onibaba

ABBIATEGRASSO – Lo Spazio Ipazia sabato 24 giugno si è colorato di noir, meravigliando quanti si sono recati alla presentazione dell’ultimo libro di Rossella Marangoni.

Milanese di nascita e abbiatense d’adozione, Rossella si è laureata in Lingue e Letteratura Giapponese dedicandosi all’insegnamento e conducendo seminari sulla cultura nipponica, presso varie istituzioni italiane e svizzere. È membro dell’Associazione Italiana per gli Studi Giapponesi e fondatrice della Direzione Scientifica di “Asia Teatro”, prima rivista online in lingua italiana sui teatri asiatici.

“Onibaba, il mostruoso femminile nell’immaginario giapponese”, edito da Mimesis, si è prefissato di essere un viaggio nel mondo dei miti, delle fiabe e delle tradizioni giapponesi. Una ricerca dei motivi che hanno seminato paura negli uomini, nei confronti delle donne, nei secoli passati. Un tentativo per aiutare le persone a scoprire perché tutt’oggi le relazioni tra i due generi sono complicate.

Le fiabe raccontano di orchesse affamate di esseri umani che popolano le foreste, di spettri femminili che si aggirano in case diroccate terrorizzando il curioso esploratore. A questi due esempi fantasiosi si aggiungono le storie di giovani mogli dalla natura bestiale. La “mostruosità” femminile è presente in ogni fiaba giapponese ma, nell’immaginario collettivo di ogni epoca, ciò acquisisce un significato ambiguo. Il fascino di queste donne indemoniate si mescola all’attrattiva della storia horror. È il risultato di questa strana reazione ciò che comporta un rigetto della controparte maschile. Rossella Marangoni cita nel suo libro un racconto tratto da una parabola folcloristica giapponese. È la storia di una sorta di “conversione” riguardante un’anziana donna che per impedire alla nuora di recarsi ad assistere ai sermoni di Rennyo, un monaco buddista, la spaventa indossando la maschera di un demone. 

Per effetto di quell’azione la maschera indossata è diventata parte del suo viso. L’anziana donna si lascia convincere dalla nuora a recitare nenbutsu per riacquistare il suo aspetto originale. Oltre alla versione religiosa, la storia ha una variante laica. Qui si narra che la donna anziana è gelosa della nuora. La maschera terrificante serve a tenere lontana la giovane donna dall’amante. In questa versione la maschera resta attaccata al volto della donna anziana. La maschera demoniaca è un simbolo e un omaggio alla dimensione teatrale della storia. Anche senza maschera “Onibaba” non perde nulla della propria coerenza maligna. Inizialmente gli “Oni” erano creature benevole ritenute capaci di tenere alla larga spiriti maligni e punire i malfattori. Durante l’era Heian (tra l’8° e il 12° secolo d.C.) il buddismo giapponese trasforma gli Oni in figure maligne, guardiani dell’inferno e torturatori di anime. ‘Onibaba’ significa letteralmente “demone strega” ed è un Oni del folclore giapponese affamato di carne umana.

Questa figura cela la sua identità sotto le sembianze di una donna anziana, conosciuta anche come “vecchia strega”. Sono molte le storie con il suo nome. La religione Shintoista, precedente a quella Buddista, era basata su precetti indicanti la donna come essere impuro. La visione androcentrica e l’atteggiamento denigratorio nei confronti delle donne, presenti in molti Sutra, portavano alla convinzione che le donne non potevano raggiungere lo stato di buddità.

Stabilire una solida fede per vivere in uno stato di felicità assoluta era un tempo prerogativa maschile. Unica soluzione per giungere a tale obiettivo era trasformarsi in uomo. Quando Shakyamuni otteneva l’illuminazione tale visione androcentrica cominciava a cambiare.

Le donne potevano cominciare a elevarsi, da quella condizione impura, seguendo otto regole e dimostrare il loro valore. In seguito, un monaco buddista giapponese di nome Nichiren Daishonin, della corrente Mahayana, asserisce l’uguaglianza tra uomini e donne. Il testo di riferimento, di questo nuovo modo di vedere il mondo, è il Sutra del Loto predicato da Shakyamuni. Il 12° capitolo rivela l’ottenimento della Buddità per le donne raccontando l’esperienza di una bambina-drago. 

In queste pagine è spiegato come un essere vivente femminile, e non umano, è riuscito a ottenere la condizione di completezza individuale in armonia con l’universo. Tutto ciò mantenendo la forma presente e demolendo i pregiudizi popolari. Laura Cittar

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