ABBIATEGRASSO – Siamo in una regione rossa, con le norme più stringenti ma, nonostante tutto, questa fase è diversa da quella di marzo. La città non è più un deserto, immersa in un silenzio metafisico squarciato quasi esclusivamente da sirene di ambulanze e dall’altoparlante della Polizia Locale che richiedeva di stare in casa. Ora molti bar sono aperti, anche se non si può consumare all’interno né sostare sui tavolini all’esterno. Da venerdì scorso ci sono più limiti ma anche più luci accese, più negozi possono rimanere aperti in questa seconda fase, profumerie, negozi di intimo, parrucchieri oltre a giornalai e negozi di generi alimentari. Sono ora salvaguardate anche tutte le attività produttive e le scuole, dall’asilo fino alla prima media. Quindi circola sì meno gente ma le strade non sono deserte e spettrali. Per bar e ristoranti è permessa l’attività di asporto. Moltissimi poi lavorano da casa in smart working e molti sono chiusi in casa perché in quarantena, colpiti dal virus in modo più o meno lieve o perché sono venuti a contatto con parenti o altri positivi. Clausure forzate che allungano i tempi a causa di tamponi procrastinati. Anche se è raccomandato di non allontanarsi molto dalla propria abitazione, fin dalle prime ore del mattino diversi runner si incontrano in centro come in periferia, mai come in questo momento è valido il detto: “mens sana in corpore sano”. Frustrazione e tristezza sono un sentire comune, ogni segnale che arriva da una ‘città viva’ è positivo, camminare, correre, incrociare qualcuno, meglio se un volto amico anche se riconoscibile a mala pena, perché semicoperto dalla mascherina, riscalda il cuore, infonde energia e speranza. Sono i più piccoli, i bambini tra i più penalizzati e dimenticati, sono loro ad avere più bisogno di tutti di correre, di giocare con gli amichetti, di respirare serenità intorno a sé, di abbracciare amici, genitori, nonni. Invece respirano la stessa preoccupazione e le tensioni degli adulti, senza avere gli strumenti per elaborale. E’ per loro, così come per chi ha già vissuto di più e soffre in modo particolare l’isolamento, che non dobbiamo perdere la speranza, che dobbiamo escogitare come preparare per esempio la festa del Natale che, seppure con le prevedibili limitazioni, deve poter essere un momento di gioia per tutti. Pensiamo ad usare il più possibile i nuovi strumenti, impariamo, insegniamo a utilizzare le video chiamate, ora più che mai una telefonata migliora e “salva” la vita. E.G.