ABBIATEGRASSO – Sabato 6 aprile l’ex Convento dell’Annunciata ha ospitato l’incontro tra i ragazzi delle scuole medie e del gruppo teatrale WIP del Bachelet e gli autori del libro “Stato di abbandono” di Riccardo Tessarini e Giuseppe Costanza. Il libro racconta la storia di quest’ultimo, autista per diversi anni del giudice Giovanni Falcone, presente e sopravvissuto all’attentato di Capaci il 23 maggio 1992 nel quale persero la vita il magistrato con la compagna Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Montinaro, Dicillo e Schifani. In questo attentato però, fortunatamente, ci furono anche alcuni sopravvissuti: Costanza appunto, Paolo Capuzzo, Angelo Corvo e Gaspare Cervello, troppo spesso dimenticati ed è proprio per questo “stato di abbandono” che Costanza ha scelto di gridare e raccontare la sua e la loro storia. L’incontro tra gli studenti e Costanza è cominciato sin dalla mattinata nell’Istituto Bachelet, poi proseguito in Annunciata. Dopo la proiezione di alcuni documentari sulla Strage di Capaci, Costanza ha raccontato la sua storia e gridato la sua voglia di giustizia e verità per uno dei momenti più bui della nostra Repubblica.
L’autista di Falcone ha cominciato il suo racconto partendo da quel maggio 1992, una settimana prima rispetto all’attentato, quando il giudice gli annunciò che presto sarebbe andato a ricoprire un ruolo istituzionale importante per la lotta alla criminalità organizzata: “Io sarò il Procuratore Nazionale Antimafia, ci organizzeremo a Palermo con un ufficio e non ci muoveremo più con la macchina, bensì con un piccolo elicottero…” e lo invitava a conseguire una patente di guida per quei mezzi. Naturalmente a questa richiesta Costanza fu pronto ad acconsentire, come accettò, nonostante le difficoltà, di seguire il magistrato a Roma diversi mesi prima nel ruolo che gli era stato destinato dall’allora Ministro della Giustizia Martelli. Quella patente non servì più a Costanza perché, circa una settimana dopo, ci sarebbe stato l’attentato di Capaci. Il racconto ha colpito tutta la sala, alcuni certamente lo conoscevano già, ma sentire le parole spezzate in gola e l’emozione di chi era in quella macchina non può che aver colpito la sensibilità di tutti i presenti. Come sovente capitava il giudice decise di mettersi alla guida della macchina blindata e guidare lui dall’aeroporto fino a Palermo città; Costanza ricorda stessero organizzandosi per la giornata, Falcone guidava, la Morvillo accanto e lui dietro, una macchina di scorta davanti e una che li seguiva; Costanza disse al giudice che una volta a Palermo avrebbe dovuto dargli le chiavi della sua macchina privata che erano nello stesso mazzo della chiave inserita nel quadro; il giudice, evidentemente sovrappensiero, staccò le chiavi da sotto lo sterzo per darle all’autista, bloccando evidentemente alcune delle funzioni dell’automobile, al che Costanza riprese Falcone che si scusò e inserì nuovamente la chiave nel quadro e riprese il controllo, alcuni secondi dopo, l’esplosione e l’incidente; un’enorme massa di carreggiata venne fatta saltare in aria travolgendo la prima macchina del convoglio e investendo le altre due. “ Chi sapeva del nostro passaggio? Il giudice mi aveva informato con pochissimo preavviso del ritorno a Palermo; chi voleva che il giudice non continuasse il suo lavoro?“ afferma Costanza riportandoci con la memoria ad un giorno sintomatico del clima ostile in cui lavorava Giovanni Falcone: il fallito attentato dell’Addaura. Ha ripercorso anche quella giornata del 1989, le speculazioni, i depistaggi e le calunnie degli anni a seguire, dipingendo un quadro triste dello Stato italiano o parte di esso, un quadro che mostra con fermezza come e quanto il giudice Falcone sia stato lasciato solo, osteggiato e infine, in diversi episodi, tradito da quelle Istituzioni per le quali lui fu pronto a dare la vita.
Quello stato di abbandono da cui riprende il titolo il libro fu per diversi anni la condizione in cui si sentì Costanza; dopo il coma fu insignito della Medaglia al Valore Civile, ma già alcuni mesi dopo, Istituzioni, media e associazioni (in particolare quella fondata da Maria Falcone, sorella del giudice) sembrarono averlo dimenticato. Inizia la sua odissea, una sorta di morte civile che dura diversi anni. Racconta di quanto sia stata determinante una sua intervista a “Libero”, alcune Istituzioni vengono a conoscenza della sua esistenza, da quel giorno inizia il cammino che l’ha portato e lo porta a girare tutt’Italia per scuole, teatri e palazzetti, raccontando quello che oggi ha condiviso con Abbiategrasso e che ha racchiuso, insieme a Tessarini, in un libro il cui ricavato è completamente devoluto in beneficenza. Giuseppe Costanza ha ricordato che la mafia non è solo quella che spara ma anche quella che esclude, che emargina, bisogna quindi stare sempre vigili e pronti, facendo in modo che nessuno resti indietro e sia dimenticato. Luca Cianflone