Carissimo direttore, oggi, 27 gennaio, ho imparato molto dai miei studenti perchè non si sono fermati alle mie osservazioni critiche ma hanno voluto controbatterle, percependo come del resto percepivo io che non fossero del tutto vere.
Io ho voluto sfidare i miei studenti con l’argomento dell’abitudine, ho fatto vedere loro come il Giorno della Memoria sia diventato un rituale stanco, ogni anno gli stessi discorsi, le stesse analisi, gli stessi film e quel minuto di silenzio che rischia di essere vuoto. E con queste osservazioni critiche urgevo a qualcosa di nuovo, senza sapere che cosa fosse. Era la mia una spinta puritana, come se ci potesse essere qualcosa di perfetto, una bella utopia! Pensavo di conquistarli a questa posizione critica invece mi sono trovato di fronte ad una forte resistenza, a chi mi ha detto di non capire proprio perchè mi scandalizzassi che sia una celebrazione rituale. Mi hanno contrattaccato, va bene che sia una celebrazione, così tutti sono chiamati a mettersi di fronte a ciò che è accaduto, a ricordarlo. La questione non è che sia un rito o non lo sia, che sia un’abitudine o che sia una novità assoluta, la questione non è qui, ma come mi ha detto una ragazza che uno decida di immedesimarsi nelle persone che hanno sofferto quell’orrenda persecuzione razziale.
E mentre mi spiegava cosa significhi per lei immedesimarsi lì ho capito il mio errore, al centro del Giorno della Memoria non si deve mettere la Shoah nemmeno i Giusti, al centro vi è la mossa dell’io. Questo è il valore del Giorno della Memoria, è un’occasione di mettere al centro l’io, perchè non vi è memoria senza che l’io tenda ad afferrare ciò che lo interessa.
Questo l’ho capito perchè i miei studenti e le mie studentesse in diversi modi si sono mossi e io ne ho ricevuto un contraccolpo, ho dovuto così decidere se rimanere fisso nelle mie idee o se immedesimarmi nel loro sguardo.
Così immedesimandomi in quello che loro vedono ho capito qualcosa di più di ognuno di loro, e questo rende interessante ricordare, è entrare di più in rapporto con chi ho davanti a scuola.
Gianni Mereghetti, insegnante. Abbiategrasso