Incontriamo Andrea Pasini, giovane imprenditore di Trezzano sul Naviglio per una riflessione sulla situazione attuale del Paese. “I numeri sulla povertà sono terribili. – esordisce Pasini – Ma i nostri governanti si limitano alle chiacchiere. Solo ridonando lavoro si potrà riacquistare dignità. Da italiano mi auspico che il governo che nascerà dopo le elezioni di marzo si impegni a parlare meno il politichese e inizi a basare la propria condotta politica sui fatti”.
Lei è un imprenditore ed è informato su temi d’attualità. Quali sono i dati sulla povertà e sull’occupazione dell’ultimo anno?
“Tenetevi forte. Qualche anno fa i dati Istat ci dicevano che , il 28,7% degli italiani è a rischio povertà e la situazione ancora oggi non pare proprio stia migliorando. In pratica un italiano su tre. La nave affonda, il Titanic ha incontrato, da ormai quasi un decennio, il suo ossario e sprofonda mentre la nostra classe dirigente danza sull’oblio. Gli individui che rischiano l’esclusione sociale sono circa il 19,9%. Uomini e donne senza futuro. Uomini e donne dimenticati, figli di nessuno se non della storia che ci vede sconfitti. – risponde Andrea Pasini di Trezzano sul Naviglio –
Le famiglie a bassa intensità lavorativa sono circa l’11,7% e quelle “gravemente deprivate” l’11,5%. Non finisce qui. Snoccioliamo il rosario, insieme alle preghiere, fatto di numeri opprimenti: 17 milioni 469 mila persone sono a rischio estromissione dalla società “civile”. Il Sole 24 ore recita: “Numeri che, scrive l’Istituto, vedono gli obiettivi prefissati dalla Strategia Europea 2020 ‘ancora lontani’. Entro il 2020, infatti, l’Italia dovrebbe ridurre gli individui a rischio sotto la soglia dei 12 milioni 882 mila. Oggi la popolazione esposta è invece superiore di 4 milioni 587 mila unità rispetto al target previsto”.
A sud di Roma un italiano su due è esposto ai pericoli della sussistenza da fame. Nel Mezzogiorno il 46,9% dei cittadini è in vetrina davanti alla sorte funerea dell’avvenire. In centro parliamo del 24%, mentre al nord siamo fermi al 17,4%. Le regioni caposcuola di questo disagio imperante sono la Sicilia (55,4%), la Puglia (47,8%) e la Campania (46,1%)”.
Qual è il divario tra ricchi e poveri?
“L’Istat evidenzia come, nel nostro Paese, la disuguaglianza dei redditi sia maggiore rispetto alla media continentale. “Una delle misure utilizzate nel contesto europeo per valutare la disuguaglianza tra i redditi degli individui è l’indice di Gini. In Italia esso assume un valore pari a 0,324, sopra la media europea di 0,310, ma stabile rispetto all’anno precedente”. Oltre a queste casistiche, introdotte sul territorio italico da Corrado Gini fin dall’epopea fascista, emerge un altro dato spaventoso. La distanza tra ricchi e poveri continua imperterrita a dilatarsi. Il 20% delle famiglie più danarose possiede il 37,3% della ricchezza stimata, mentre il 20% più indigente solamente il 7,7%. Una miseria. Ma tutta questa desolazione e miseria sembra non interessare minimante i nostri governanti che vivono di continuò proclami e non sono in grado perché incapaci di tradurli nel concreto ed intanto la move continua ad affondare e gli italiani giorno dopo giorno diventano sempre più poveri”.
Cosa pensa di questa situazione?
“Vederci sempre più disagiati, attaccati alla canna del gas, è prerogativa fondamentale dei nostri governanti. A questo punto vale la pena citare l’economista e sociologo tedesco Warner Sombart. Nel volume Capitalismo moderno scrive: “L’economia non è il nostro destino; non esiste un sistema di leggi economiche autonome, vale a dire: l’economia non costituisce un processo naturale, ma è sempre stata una creazione culturale scaturita dalla libera scelta degli uomini. Sicché anche il futuro dell’economia, o di un determinato sistema economico, è rimesso alla libera volontà degli uomini”. Ma noi siamo e saremo sempre più di semplici numeri parte di un sistema economico. Questo è un valore fondamentale, sopratutto a fronte dei continui suicidi, omicidi di Stato, che falcidiano il tricolore.
In un saggio redatto da Roberto Pecchioli con il titolo Manualetto di antieconomia verso la fine si legge: “Occorre mantenere salda la tenuta morale di chi è in piedi tra le rovine e lo sa, ma ancor più si deve cavalcare la tigre, ovvero individuare canali di rivolta interni alle logiche di sistema, modalità concrete di resistenza e di contrattacco”. La follia del danaro, frutto di questo mondo invertito, non dovrà fare di noi banderuole alla mercé del vento. Tutta la povertà che ci circonda, nella quale affoghiamo, è stata partorita da scelte politiche errate. Il tempo della crisi ha reso avidi i gestori dei fili, mentre milioni di italiani scoprono il sapore del fango. La diseguaglianza sociale è un’aspirazione di chi ci comanda. Nessuna possibilità per chi viene dalla periferia”.
Cosa fare quindi?
“Ma chi deve intervenire? I politici rinchiusi nel Parlamento? Una mera speranza. Inutile chiedere a chi è arroccato dietro ad illimitati privilegi di ascoltare la nostra voce. Diritti, doveri? Le generazioni che verranno hanno un nodo scorsoio al collo, possono penzolare, guardare in avanti senza espressioni oppure lottare, prendere il toro per le corna. Innanzitutto aprendo gli occhi. Informandosi, leggendo e non chinando il capo. La miseria colpisce sopratutto i più giovani”.
A proposito, quali sono i dati sull’occupazione giovanile?
“Il 7% dei minorenni italiani vive in condizioni di povertà assoluta. 723 mila ragazzini senza un domani. Anzi, il 32,2% dei minori di 18 anni è a rischio ristrettezza economica. Numeri da capogiro, numeri che non dovrebbero lasciar dormire la classe politica tricolore. A questo si collega un fenomeno che rende chiara la situazione in cui ci troviamo. I furti nei supermercati. Furti per fame. Persone che si umiliano per garantire alla propria famiglia qualcosa da mettere in tavola. Non parliamo di aggiotaggio, di spread, di obbligazioni, parliamo di pane e salumi con cui nutrirsi. Veramente possiamo continuare a subire umiliazioni del genere? Vedere italiani cercare nell’immondizia un torsolo di mela? I senza tetto, in tutta la penisola, sono oltre 50mila. Una città. Grande come Pordenone, Gallarate, Scafati, Rovigo, Siena, Teramo, Sanremo o Cuneo. Assurdo”.
Ha soluzioni da proporre?
“Per rendere “illegale” la povertà dobbiamo rimboccarci le maniche. Creare fondi sociali per chi non ha un’autosufficienza economica. Una moratoria per azzerare i crediti di Equitalia e tendere la mano a si ritrova vittima di soprusi da parte dell’Agenzia delle Entrate. Striscia la notizia docet. Pagare immediatamente chi fornisce prestazioni e servizi. Non bisogna aspettare 60-120-180 giorni, le bollette non si liquidano da sole. L’agricoltura ed il comparto alimentare vanno rivisti. Bisogna stoppare le importazioni selvagge, come per gli agrumi dal nord Africa. Mettere in cima alla lista gli italiani. Prima gli italiani non è un modo di dire, non è razzismo, ma una risposta alla realtà dei fatti. Debellare l’emergenza abitativa, basta vedere le graduatorie per l’assegnazione di alloggi popolari. Gli stranieri sono in testa ovunque, questo è uno scempio che deve essere fermato. – prosegue Andrea Pasini di Trezzano sul Naviglio – Poi il redditto di cittadinanza, la sussistenza passa anche dall’aiuto verso le persone meno abbienti ed in difficoltà. Infine il lavoro. Solo ridonando lavoro ai nostri connazionali l’Italia potrà tornare a volare. Il sudore della fronte nobilita l’uomo, le chiacchiere non hanno mai reso onore a nessuno. Le soluzioni ci sarebbero per poter quantomeno arginare questa vera e propria piaga sociale ma ci vorrebbe un parlamento ed un governo di persone con le PALLE quadrate che non pensino quotidianamente a litigare come bambini all’Asilo ma che si uniscano per cercare nel concreto di mettere in campo tutte le soluzioni per far ripartire l’economia e creare nuovi posti di lavoro per gli italiani che hanno il diritto di poter vivere una vita dignitosa e serena”.