L'eco della città

Intervista a “Zerbino”, il “menestrello”: suona la chitarra e canta per le vie del centro storico, la notte dorme nel parco della Fossa

ABBIATEGRASSO – Il menestrello di cui abbiamo pubblicato una breve la scorsa settimana si è presentato in redazione per chiarire il suo punto di vista. Si è presentato così: “Mi chiamo Zerbino, nome d’arte se si può dire, perché c’è stato un momento della mia vita in cui, dopo essermi fatto del male a causa dell’abuso di alcol che mi ha portato a perdere molte cose, anche la moglie, ho chiesto perdono a Dio e ho promesso che sarei diventato il suo zerbino. Ho capito che ha accettato perché da quel momento mi sono sentito meno teso, meno complessato e mi sono sentito più sereno. Da qui, dal 2014 è iniziata la mia storia di strada”. Perché ad Abbiategrasso? “Perché ci ho vissuto, ho lavorato 20 anni al Golgi come Asa. Il Golgi mi ha dato tanto, mi ha insegnato molto, mi ha dato la possibilità di mantenermi, di essere autonomo, mi ha insegnato a relazionarmi con le persone e in particolare con chi ha patologie e sofferenze”. Poi cos’è successo? “Ogni giorno sentivo dire che mancava il personale, sentivo gli ospiti come pacchi da spostare, tutto doveva essere fatto troppo velocemente, non ho retto, nel 2014 ho fatto un biglietto d’andata a Palma di Maiorca dove ho cominciato a vivere in strada”. Come si mantiene? “La chiesa mi ha sempre dato da mangiare, sono tornato in questo momento prima delle elezioni e cerco di parlare di politica con la gente, dico che siamo succubi degli americani… Dormo nel parco della fossa, se piove sto sotto la tettoia, riesco a guadagnare quei 10 euro al giorno con cui mi compro da mangiare”. Suona la chitarra e canta… “A 3 anni sono tornato in Sardegna con i miei genitori perché mio padre era ammalato, stavano per amputargli una gamba ma dopo un anno è miracolosamente guarito. La sua sofferenza mi aveva colpito, da bambino avevo cominciato a bere, avevo problemi di apprendimento a scuola, alle medie mi hanno bocciato, ho iniziato a lavorare come muratore, ero addetto alla bitumiera, un giorno mentre era in funzione ho toccato dei fili scoperti e ho preso una forte scossa, mi sono salvato per miracolo”. Perché è venuto in redazione? “Perché voglio spiegare cos’è successo quella notte di cui si parla nell’articolo firmato M.B., alle 3 di notte quando in piazza Castello sono arrivati i carabinieri e mi hanno portato in psichiatria dove sono rimasto 6 giorni e dove ho trovato persone stupende, ci tornerei”. Le sembra giusto disturbare alle 3 di notte? “Se non sono fuori di testa non lo faccio, ho bevuto qualcosa, mi han detto che han visto che mi han messo una pastiglia nel bicchiere…” Se sa che bere le crea problemi cerchi di non farlo. “Bevo molto raramente, qualche volta fumo…”. Vedo che ha una camicia pulita e stirata… “Mi ha fatto il bucato un’amica che conosco da tanto, quand’ero a Genova c’era la lavanderia dell’associazione per i senza tetto, io sto bene a vivere così, suonare per me è una missione”. Questa è la scelta di vita attuale di Antonio Murgia. E.G.

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