ABBIATEGRASSO – Un convegno sul cibo, argomento scelto da Expo, sulle risorse disponibili e sulla responsabilità di distribuirle in maniera equa ma un convegno con insigni studiosi che hanno confutato alcuni miti come la ricerca del ‘naturale’ a tutti i costi perché si pensa sia migliore, la penuria di cibo per molti che invece una parte del mondo ha in abbondanza e con quel 35% che spreca, si sfamerebbero più di 12 miliardi di persone. Un’abbondanza che provoca obesità, un’epidemia nascosta. Gli argomenti affrontati sabato 17 ottobre in Castello sono stati proposti dalla Fondazione Golgi Cenci, centro di ricerca sull’invecchiamento, sede di una delle 3 banche del cervello presenti in Europa. Da una ricerca effettuata su 1.300 abbiatensi nati tra il 1935 e il 1948, come ha ricordato il presidente Piatti, è emerso che un corretto stile di vita e di alimentazione è basilare per una vecchiaia migliore. Il primo intervento dello psicologo Andrea Castelli ha delineato i futuri trend demografici mondiali, i trend dei consumi e le nuove frontiere in cucina. L’esplosione demografica degli ultimi 150 anni, ha ricordato, ha portato gli abitanti della terra da 1 miliardo a 7,5 e secondo le previsioni FAO nel 2050 arriveremo a 9 miliardi. Oggi si contano ca. 800 milioni di persone che non hanno cibo, mentre la crescita a nord è vicina allo 0, il sud del mondo si riproduce molto, un’espansione inversamente proporzionale alla quantità di risorse agricole disponibili, uno squilibrio che riguarda anche l’acqua. Occorre modificare le abitudini alimentari, cominciando a ridurre in Europa, America e Australia il consumo di carne che invece è in crescita e utilizza grandi superfici per coltivare prodotti agricoli per il bestiame, meglio preferire invece farinacei, frutta, verdura e gli insetti, nuova fonte di cibo: crescono in fretta, si nutrono di scarti, sono anche mangime per animali e sono altamente proteici. Arcangelo Ceretti, geriatra della stessa Fondazione, ha confermato che le demenze sono in gran parte legate al sistema cardio-vascolare che dipende dallo stile di vita che in occidente significa spesso troppo cibo consumato e sprecato, si può quindi parlare di malnutrizione per eccesso che si contrappone al diritto al cibo. Penuria in una parte del mondo e abbondanza dall’altra, uno spreco che ha anche un impatto ambientale importante, per il cibo sprecato si calcola un consumo di 250 miliardi di litri all’anno. A sfatare luoghi comuni e falsi miti ci hanno pensato Dario Bressanini, docente di chimica e tecnologia degli alimenti e Donatello Sandroni, agronomo-ecotossicologo. “La nostra società occidentale vive il mito del cibo naturale, dove il termine naturale si è portati a farlo coincidere con più buono perché non abbiamo memoria storica. – ha affermato Bressanini – Alla base di questo mito sta la paura, per esempio per gli OGM che riteniamo contronatura. Ma se dobbiamo sfamare tutti, è possibile avversare le nuove tecnologie? L’agricoltura stessa è ‘contronatura’, il cibo non è immutabile, si è modificato nei millenni, qualsiasi intervento viene invece considerato innaturale, il mais non è nato com’è oggi ma deriva da una pianta filiforme che si è modificata geneticamente nel tempo”. Dagli anni ’50 sono mutate più di 2.200 vegetali, come il pompelmo rosa cambiato spontaneamente nel 1929, anche il riso e la carota sono molto cambiati, il frumento deriva dalla modifica genetica del farro. “Mitizziamo come tradizionale ciò che invece è una recente novità. Il riso è stato modificato fortemente per resistere a un diserbante… la tecnologia non è il diavolo”. L’agronomo Sandroni ha sfatato i falsi miti che riguardano biologico e biodinamico. “La moderna agricoltura lavora su genetica, meccanica e chimica. Il 99,5% di cibi che mangiamo sono regolari quanto a residui e il 61,8% ne è addirittura privo. Biologico non significa non trattato, come crede il 75% dei consumatori di prodotti biologici: basti dire che, in California, nel 2012 sono stati utilizzati per prodotti convenzionali 14 mila tonnellate di agrofarmaci, e ben 32 mila per i prodotti biologici. E gli agrofarmaci bio sono peggiori di molti prodotti di sintesi”. Fabrizio Castoldi, presidente del gruppo BCS, ha invece parlato della meccanizzazione agricola quale via imprescindibile per affrontare con successo le future sfide alimentari. “Occorre tuttavia adattare la nostra esperienza alle condizioni delle popolazioni dei Paesi emergenti. – ha affermato – Si tratta di un processo che deve procedere con gradualità e continuità. Come è avvenuto, del resto, in Occidente, quando l’introduzione di macchine semplici ma innovative per quegli anni come una motofalciatrice ha permesso un incremento straordinario di produttività, fino al 200 per cento. Oltre a una graduale meccanizzazione, occorre investire nella formazione tecnica, con un’attenzione mirata alle caratteristiche ambientali specifiche di ogni Paese, ogni intervento dev’essere studiato ad hoc”. Enrica Galeazzi