ABBIATEGRASSO -L’amore genitoriale è un sentimento innato che trascende dall’infinito passato e continuerà nel futuro più lontano.
Ci sono tuttavia momenti in cui la natura umana gioca con il karma delle persone e nelle famiglie nascono problemi insuperabili. Un esempio significativo è la storia scritta da Daniele Mencarelli nel suo ultimo libro intitolato “Fame d’aria”, edito da Mondadori. È la storia di un uomo che all’età di 50 anni lavora per mantenere un figlio autistico grave.
La moglie ha dovuto lasciare il lavoro per occuparsi del ragazzo e la povertà, dovuta alle spese per le infinite cure del figlio, non è il problema più grave. Il problema di Pietro è la rabbia nei confronti di una vita logorante sotto tutti i punti di vista. Quel sentimento meraviglioso che alimenta l’universo chiamato “amore” non è più parte della sua vita. Il padre vive il suo rapporto genitoriale come una maledizione inflitta da un dio. La conseguente negazione di una normale conversazione con altri individui lo rende cinico verso il mondo. L’autore comincia raccontando di un viaggio in auto.
Nei pressi di un paesino sperduto la loro auto si ferma per un guasto tecnico. Un meccanico, alla guida del suo carro-attrezzi, arriva in loro soccorso. In attesa che l’auto sia riparata, Pietro e suo figlio trovano alloggio nell’unica pensione del paesino. In quel luogo sperduto le giornate passano tra cambi di pannolone del ragazzo e mugugni di risposta, tentativi di nutrirlo, calmarlo e tanti pensieri intrusivi nella mente di Pietro. Jacopo è autistico e suo padre sta vivendo un inferno. Le ore scorrono nell’attesa che il meccanico ripari l’auto per riprendere il viaggio.
L’ansia è una strana compagna quando si aspetta che le carte di credito si sblocchino per pagare il conto. Il pranzo diventa un avvenimento atteso con particolare piacere, quando è motivo di stacco da sguardi indiscreti. Il giorno della partenza sembra essere arrivato. L’auto è riparata e i conti sono saldati, ma un clamoroso colpo di scena prolunga la permanenza di Pietro in quella locanda.
L’incontro con il meccanico, la locandiera e la sua aiutante aiuteranno Pietro a riscoprire alcuni piaceri della vita che credeva perduti. L’uomo comincia ad accettare la sua esistenza e a capire il significato di ciò che si è trovato a vivere. Abbandona la rabbia che l’ha sempre accompagnato ritrovando la pace e l’umanità che stava perdendo.
La “Fame d’aria” provata da Pietro è il senso di solitudine alimentato dall’assenza. Il senso della storia è in questa parola di cui è difficile comprendere a fondo il significato. Sentimenti non condivisi conducono a un’assenza della vita. Jacopo non parla e non capisce. Pietro non trova altre soluzioni che la rassegnazione. Lunghi dialoghi condivisi con l’aiutante della locandiera aiutano Pietro a vedere gli aspetti positivi e a superare le difficoltà quotidiane.
Daniele Mencarelli scrive in modo audace. Racconta la verità senza mezzi termini né parole velate. Il personaggio del padre è descritto in ogni particolare fisico e psicologico. L’uomo serio, che si occupa del figlio disabile, indossa la felpa di 30 anni prima per sentirsi un ragazzino spensierato. Le molteplici sfumature del carattere di Pietro si confondono con quelle degli altri personaggi del racconto. La cameriera è la coscienza che lo sprona a chiedere aiuto. Il meccanico è colui che gli permette di vedere realtà senza filtri.
Jacopo rappresenta la cessazione di ogni resistenza di fronte a una malattia incurabile. I sentimenti più intensi sbocciano dall’incontro della tragedia con la rinascita alla vita. La morale della storia si riassume nel concetto che ogni situazione vissuta dall’individuo nella sua esistenza, per quanto difficile o assurda, ha motivo per esistere. Laura Cittar