ABBIATEGRASSO – Riceviamo e pubblichiamo dall’avvocato Francesco Catania, dal consigliere comunale Giuseppe Serra, dal dott. Francesco Ticozzelli e altri. “Il ‘Caso Bibbiano’ ha evidenziato una realtà, quella degli affidi, che era stata fino ad allora ignorata. Una realtà in cui i servizi sociali di un comprensorio di 60.000 abitanti, con 12.000 famiglie, avevano sottoposto ad affidamento 2.000 minori senza che i sindaci e gli assessori della zona se ne accorgessero -o peggio ancora- lasciassero correre, convinti -nella miglior tradizione vetero stalinista- che: a) lo Stato educhi meglio della famiglia; b) in spregio alla Costituzione Italiana e c) i soldi è meglio darli alle cooperative ed agli amici piuttosto che alle famiglie in difficoltà.  L’abbiatense -grazie al cielo- non è Bibbiano. Tuttavia le stesse regole e norme trovano applicazione su tutto il territorio nazionale. Gli affidi, sono una realtà in cui -anche quando non vi è corruzione- minori e madri possono essere trasferiti in case famiglia, dove soffrono di un’evidente limitazione della libertà personale, anche e solo sulla base di un rischio ‘potenziale’. Rischio potenziale a cui segue una valutazione delle capacità genitoriali spesso -se non sempre- indirettamente delegata dal Tribunale per i Minorenni agli stessi gestori delle strutture dove vengono ‘ospitati’ bambini e madri. Di fatto si è più tutelati quando si riceve una multa per divieto di sosta che quando si viene accusati di essere pessimi genitori o addirittura, quando ad essere accusato di violenze è l’altro coniuge. L’Italia è quella nazione in cui, se una madre viene maltrattata, corre il rischio di essere lei, assieme ai bambini, ad essere istituzionalizzata, non il compagno violento. In realtà esisterebbero migliori soluzioni per combattere le violenze domestiche (come gli ‘Ordini di protezione contro gli abusi familiari’), ma per qualche ragione spesso si preferisce la soluzione più dolorosa per le vittime e più costosa per la collettività. Non c’è bisogno di dire che l’affido al Comune e la collocazione presso una struttura sono altamente traumatiche sia per la madre (che spesso si trova limitata nei movimenti, sottoposta a controlli penetranti e nella sgradevole situazione di dover decidere se accudire direttamente i figli o perdere il lavoro semplicemente perché la struttura non fa baby sitteraggio), sia per i bambini, che vengono allontanati anche dai nonni (che possono incontrarli solo per poche ore al mese spesso in spazi neutri) e dai propri amici e compagni di scuola; i bimbi non avranno neppure cibo e dieta personalizzata: mangeranno quello che passa la struttura, anche si tratta di beni provenienti dal banco alimentare. In scompenso i bambini, a fronte di tutto ciò, vengono spesso messi a contatto con situazioni critiche: si pensi ai vicini di stanza che hanno genitori con disturbo bipolare, i quali urlano o minacciano di suicidarsi ogni giorno, o caratterialmente instabili. È ovvio -almeno per l’opinione pubblica- che l’istituzionalizzazione dovrebbe essere limitata alle situazioni più gravi e quasi disperate. Dovrebbe essere praticata come ultima risorsa e dovrebbe esistere un controllo strettissimo, serrato e puntuale su quanto avviene in queste strutture. Di fatto esiste un ovvio interesse pubblico a fare in modo che queste strutture siano un servizio a favore della cittadinanza e non un business a vantaggio di associazioni e cooperative. Perché tale servizio, è bene ricordarlo, costa più di un hotel di lusso e, con quello che incassa una struttura in un mese, si potrebbe pagare l’affitto di un anno ad una famiglia bisognosa. Per questo, un gruppo di volenterosi, tra cui l’Avv. Francesco Catania ed alcuni consiglieri comunali della zona (sul territorio Abbiatense il consigliere Giuseppe Serra – gruppo misto ed a Robecco sul Naviglio il Dott. Francesco Ticozzelli della lista Esserci Robecco) oltre altri che operano nell’area del milanese, hanno predisposto e hanno depositato (o sono prossimi a depositare) un’interrogazione per raccogliere informazioni ed informare la cittadinanza sul fenomeno che riguarda il nostro territorio. Non si tratta di un attacco alle singole Amministrazioni, ma di opera di sensibilizzazione e mappatura. Con i dati raccolti e possibilmente con l’ulteriore collaborazione delle Amministrazioni stesse, si potranno studiare nuovi protocolli maggiormente tutelanti per i cittadini, le madri ed i bambini e -tramite le opportune sedi istituzionali ed altri politici di buona volontà- suggerire adeguate proposte di legge a livello Regionale e Statale. Avv. Francesco Catania, Cons. Giuseppe Serra, Dott. & Altri”.