L'eco della città

“Il 28 settembre 1903 nasco in Abbiategrasso, preferisco in Europa”. Inaugurata a Lugano una grande retrospettiva di Antonio Calderara, nel 1947 si tenne una mostra da Besuschio

ABBIATEGRASSO – Sabato 1 ottobre scorso, al Museo d’Arte della Svizzera Italiana a Lugano è stata inaugurata la mostra: “Antonio Calderara. Una luce senza ombre”; quasi 200 le opere esposte, provenienti da musei europei e da collezioni private. Nella presentazione si legge: “L’esposizione intende presentare al grande pubblico la ricerca artistica di questa singolare figura del panorama artistico italiano del Novecento, che partendo dalle riflessioni sugli elementi costitutivi del linguaggio pittorico è approdato a un’astrazione che nella sua radicalità appare perfettamente in armonia con le contemporanee esperienze del minimalismo internazionale”. Calderara – si legge in una sua biografia curata da Mario Comincini una ventina d’anni fa – nacque ad Abbiategrasso nel 1903 e iniziò presto a dipingere da autodidatta opere figurative, dopo aver interrotto gli studi di Ingegneria. Nel 1959 realizzò la sua prima opera astratta per, diceva lui, un bisogno di luce, un luminoso niente. Salvo Argan e pochi altri, la critica non lo seguì e i collezionisti si allontanarono. Fino a quando due opere della nuova pittura vennero portate in Germania. Da quel momento Calderara avrebbe allestito quasi duecento mostre in vent’anni, in ogni parte del mondo. Morì nel 1978. La sua autobiografia, edita in Germania, inizia così: “Il 28 settembre 1903 nasco in Abbiategrasso, preferisco in Europa”. Nel 1947 l’associazione abbiatense “Amici dell’Arte e della Cultura” gli organizzò una delle sue prime mostre nei locali del Caffè Besuschio. Molte sue opere si trovano in musei di ogni parte del mondo. Calderara, continua la presentazione della mostra appena inaugurata, è stato una figura singolare e appartata del panorama artistico italiano, per molti versi paragonabile a quella di Giorgio Morandi. Un’astrazione che non conosce molti altri esempi in area italiana per la sua radicalità. La geometria nel suo caso non ha però mai la rigidità dell’arte concreta ma è dominata da delicate e sottili vibrazioni luministiche ottenute attraverso velature sovrapposte. Nei dipinti degli anni Sessanta e Settanta, quasi sempre di piccolo formato, prende così corpo una luce-colore, che traduce la sua aspirazione a “dipingere il nulla, il vuoto, che è il tutto, il silenzio, la luce, l’ordine, l’armonia. L’infinito”. Quella appena inaugurata è la prima grande retrospettiva di Calderara in Svizzera dopo quella curata da Jean Christophe Ammann al Kunstmuseum di Lucerna nel 1969. La mostra include inoltre un’ampia selezione di opere provenienti dalla collezione che l’artista costituì attraverso una serie di scambi con artisti a lui legati da rapporti di amicizia o di stima, quali Josef Albers, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Dadamaino e Max Bill. Enrica Galeazzi

 

 

 

 

 

 

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